Siamo al terzo ed ultimo articolo sulle connessioni mente - corpo. Nel primo abbiamo affrontato la questione partendo dall'antichità, nel secondo abbiamo sviluppato le interconnessioni mente, corpo e spirito per delineare come creare armonia e benessere.
Oggi completiamo l'opera.
Il 25 ottobre 1972 la neuroscienziata Candace Pert scopriva l’effetto delle endorfine, una sorta di “ morfina endogena della mente”. Di lì le ricerche scientifiche hanno accertato definitivamente che il dolore è nel nostro cervello, non nel corpo. Questa scoperta segna anche l’inizio anche della neurobiologia, la biologia relativa allo studio del sistema nervoso. Da quella data si sono sviluppate indagini sui meccanismi mediante i quali i neuroni nascono, si sviluppano, si organizzano, funzionano, invecchiano e muoiono. Secondo la definizione di G.M. Shepherd (1988), la neurobiologia è “lo studio dell’organizzazione molecolare della cellula nervosa e dei modi in cui le cellule nervose sono organizzate, attraverso le sinapsi, in circuiti funzionali che elaborano le informazioni e mediano il comportamento”.
Di lì a poco, si è sviluppata anche una nuova disciplina: la psiconeuroimmunologia che riguarda l’interazione tra psiche, neurologia, endocrinologia e immunologia, sistemi storicamente studiati in comparti separati dal punto di vista didattico, ma, in realtà, molto uniti tra di loro.
Una delle scoperte più importanti è che esiste una serie di neuro-recettori (sono più di un centinaio) che operano sui globuli bianchi e agiscono sul sistema immunitario. Ad essi sono connessi i neuropeptidi (chiamati anche “ le molecole delle emozioni ”) che sono messaggeri chimici costituiti da piccole catene di amminoacidi che vengono sintetizzate e rilasciate dai neuroni. I neuropeptidi solitamente si legano ai recettori accoppiati a proteine G (GPCR) per modulare l'attività neurale e altri tessuti come l’intestino, i muscoli e il cuore.
Tutto questo mostra che il funzionamento del sistema immunitario possa essere influenzato fortemente dai nostri stati d’animo che influiscono anche sul numero dei linfociti.
Si sviluppa così anche una serie di ricerche, specialmente negli Stati Uniti, sul legame fra la sfera psichica e il corpo, che va sotto il nome di Body-Mind Connection .
La psiconeuroimmunologia, che si occupa dell’interazione reciproca tra il comportamento, l’attività mentale, il sistema nervoso, il sistema endocrino e la risposta immunitaria degli esseri umani, riguarda l’interazione tra psiche, neurologia, endocrinologia e immunologia. “Non esistono più solo fattori come ad esempio la contaminazione batterica a causare malattie, ma anche i fattori psicosociali su cui è possibile intervenire” (Tiziano Garbin, “ PNEI, Psiconeuroendocrinoimmunologia e infermieristica ”, pubblicato il 02.11.18).
La relazione Corpo-Mente (Body-Mind) diviene una variabile fondamentale alla quale guardare per la nostra salute sia fisica che mentale.
In particolare un fattore interessante riguarda il fenomeno dello stress .
La psiconeuroimmunologia, ad esempio, ha accertato che l’amigdala, una delle parti più antiche del cervello, reagisce, ancora oggi, a particolari eventi che ci spaventano e ci angustiano, come davanti ad un pericolo di vita. La sua struttura si è sviluppata per reagire, per nostra protezione, attivando un meccanismo di intervento automatico per permetterci, in tempi rapidissimi, di far fronte ad una situazione potenzialmente letale. Questo si è sviluppato in tempi molto remoti e permetteva ai nostri antenati di reagire velocemente, ad esempio, ad un attacco di una belva. In quel caso, l’amigdala si attiva e, per far fronte efficacemente a quella situazione potenzialmente letale, rilascia cortisolo ed altri ormoni: i principali effetti sono l’accelerazione del battito cardiaco, la velocizzazione del respiro, l’innalzamento del tasso di glicemia nel sangue, la riduzione della fame e del desiderio sessuale, e molti altri. Tutto ciò, ovviamente, è essenziale se siamo assaliti da una belva, ma è estremamente dannoso se prolungato nel tempo nella vita quotidiana. Infatti, il cervello non riesce a distinguere ciò che è reale da ciò che è fortemente immaginato. E, non solo, non è capace nemmeno di riconoscere un pericolo letale (come l’assalto di una belva, un terremoto o un altro evento potenzialmente letale) differenziandolo da una lite sul lavoro, per fare un esempio. Perciò cosa succede? Accade che, nella vita quotidiana, il nostro cervello legge come eventi potenzialmente letali anche situazioni che, in realtà, sono solo snervanti, ma non letali. L’amigdala, viene attivata ugualmente con tutte le sue conseguenze fisiche.
Siamo di fronte ai danni dello stress .
Ogni giorno, pensando di dovere far fronte ad un evento potenzialmente letale, il meccanismo automatico di difesa si attiva con tutte le sue conseguenze.
Lo stress è perciò un fenomeno fisico, oltre mentale, che agisce in modo profondo sulla nostra salute.
Ad esempio, l’azione del cortisolo, come sopra espresso, provoca l’accelerazione del battito cardiaco che, se prolungata, come avviene nei casi di stress per lavoro (ad esempio la sindrome da burnout), favorisce malattie cardiovascolari; la velocizzazione del respiro porta ad affanno che può divenire cronico; l’innalzamento del tasso di glicemia nel sangue, se prolungato, può portare al diabete (che infatti oggi è in crescita), per non parlare di altri fenomeni come la riduzione del desiderio sessuale.
Tutto questo è prodotto dal cervello che crede di dover far fronte ad una situazione diversa da quella che è. Si tratta di un fenomeno che parte dalla mente, dalla psiche, ma che ha potenti effetti anche sul nostro fisico. Inoltre, lo stress prolungato (stress cronico), mettendoci in una situazione costante di resistenza può danneggiare il sistema immunitario: “in particolare, è il timo a risentirne. Il timo è una ghiandola che entro quarantotto ore dall’inizio di una reazione di stress acuto (malattie, gravi incidenti, forti emozioni ecc.), si riduce alla metà delle sue dimensioni normali, annullando l’efficacia di milioni di linfociti B e T” (Giovanni Chetta, Stress e Benessere - Educazione mentale nell’ambito della psico-neuro-endocrino-connettivo-immunologi , Stress e Benessere - ed. 03/2008).
SYNAPTICA , lavorando su corpo e mente contemporaneamente, riesce a smantellare sistematicamente gli effetti negativi di tale situazione prevenendo così l’insorgere dei disagi fisici e psichici di quanto descritto sopra, ripristinando un’armonia generale e un equilibrio fra corpo e mente e riportando la persona al centro di sé. Perciò, l’azione di SYNAPTICA ha un effetto potente sulla salute, come prevenzione e come supporto all’autoguarigione.
Oltre a tutto questo, poiché ogni seduta di SYNAPTICA ha un tema specifico, ti consente di riorientare la tua vita verso il successo in ogni ambito, generando benessere, armonia ed equilibrio interiore.
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Contattami per prenotare il tuo posto , a Fano si parte venerdì 13 dicembre 2024 alle ore 21 presso HubLab . A Senigallia il gruppo è già attivo ogni mercoledì dalle 21 alle 22 presso il centro Olosophia .
Riferimenti consultati
https://www.giovannichetta.it/documentaz/stress_benessere_giovanni_chetta.pdf
https://www.nurse24.it/dossier/salute/pnei-psiconeuroendocrinoimmunologia-infermieri.html
https://www.lidialamarca.it/pnei-mente-corpo/
https://www.treccani.it/enciclopedia/neurobiologia_(Enciclopedia-Italiana)/
Nell'articolo precedenteabbiamo iniziato ad affrontare la connessione mente - corpo, ora la sviluppiamo ulteriormente. Il dualismo fra corpo e mente viene da tempi remoti: Omero usava il termine ψυχή (psyché) riferendolo sia a qualcosa di corporeo (il respiro che esala dal corpo) che a qualcosa di incorporeo (le ombre dell’Ade, visibili ma non tangibili). Il respiro, l’anima in greco sono chiamati col termine πνεύμα (pneuma) che possiede una analoga radice semantica. L’anima, il respiro, πνεύμα (pneuma), cioè il “soffio vitale” (nei Vangeli è anche lo Spirito Santo, cioè il respiro, l’anima di Dio) si affianca al concetto di anima ψυχή (psyché). “L’etimologia del termine psiche (… connesso con ψύχω, “respirare, soffiare”) si riconduce all’idea del ‘soffio’, cioè del respiro vitale; presso i greci designava l’anima in quanto originariamente identificata con quel respiro; in questo senso, la storia del concetto di psiche viene a coincidere con quella del concetto di anima. Nella psicologia moderna (e anche nell’uso comune) la psiche è intesa come il complesso delle funzioni e dei processi che danno all’individuo esperienza di sé e del mondo e che ne informano il comportamento” (Riccardo Zerbetto, Universo del Corpo, 2000)
In greco con la parola σῶμα (soma), ci si riferisce all’intero corpo materico, cioè come insieme fisico definendolo come privo di vita. Sempre in greco le varie funzioni psichiche vengono considerate come parti distinte in ψυχή (psiche), l’anima, θύμος (thimos), le emozioni, e νοῦς (nus) l’intelletto (si veda Snell 1946).
L’idea della polarità mente - corpo ha, quindi, origini molto antiche. “Omero oppone la ψυχή (psyché) al σῶμα (soma), significativamente il cadavere, il corpo morto. Legato a πνεύμα (pneuma) da una comune radice etimologica, il termine ψυχή (psyché) rimanda a sua volta al soffio vitale che si manifesta nel momento in cui abbandona in via temporanea (svenimenti) o definitiva (morte) il corpo, riferimento conservato dagli equivalenti latini anima e spiritus e presente anche in altre culture quali quella ebraica e araba. Forza vitale cosmica e impersonale, al tempo stesso la ψυχή (psyché) si insedia in un corpo specifico, contribuendo non soltanto a vitalizzarlo, ma anche a dotarlo, in maniera ancora confusa, di un’identità soggettiva permanente” (Umberto Eco, Storia della Civiltà Europea, 2014).
Oggi sappiamo che vi è una profonda connessione fra corpo e mente. Oggi si considera l’insieme corpo mente ed emozioni ad essa congiunte come un sistema unico interconnesso. Per questo il Dr, Chisotti considera tale insieme con il nome di modello psico-bio-emotivo. Le emozioni, caratteristiche peculiari e imprescindibili dell’essere umano insieme ai pensieri, sono in grado di plasmare e riconnettere, in modalità diversa, a livello neuronale tutto il sistema del cervello agendo successivamente sul corpo. Del resto, secondo recenti ricerche scientifiche, anche il corpo può agire sulla mente rilasciando emozioni positive capaci di riconnettere le reti neurali in maniera più funzionale. Il respiro anche è legato alle emozioni e, perciò alla mente, intesa come νοῦς (nus), l’intelletto, e può essere il tramite per agire sul corpo. Tutti gli elementi che fin dall’antica Grecia venivano ritenuti come parti dell’essere umano, sono oggi considerati come un sistema unico in cui ogni pezzo è interconnesso all’altro.
Per questo motivo SYNAPTICA ha radici molto antiche ed è particolarmente potente nel riequilibrare la persona. Agire sul corpo e sulla mente simultaneamente permette di riconnetterci con la nostra anima, quella che i greci chiamavano ψυχή (psyché).
Mentre i due operatori lavorano simultaneamente su mente e corpo, cambia il respiro (quello che i greci chiamavano πνεύμα, pneuma) che, allo stesso tempo, è il nostro soffio vitale, la coerenza cardiaca (cioè il controllo della variabilità della frequenza cardiaca) si regolarizza, il corpo (inteso come massa muscolare, corpo inerte, cioè il σῶμα – soma dei greci) si rilassa, i pensieri se ne vanno svuotando la mente νοῦς (nus), l’intelletto.
In quel momento si aprono nuovi portali di consapevolezza e ognuno scopre inesplorate potenzialità e dimensioni dell’essere finora sconosciute.
SYNAPTICA può essere una meravigliosa esperienza di gruppo o un esclusivo viaggio individuale.
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I latini avevano un motto: “Mens sana in corpore sano” (mente sana in un corpo sano). La connessione corpo e mente corrisponde ad un dualismo che ha radici nel passato. Il corpo non può essere sano se non lo è anche la mente e la mente è condizionata dal corpo.
Quando si lavora con l’ipnosi nella maggior parte dei casi si opera sulla mente (eccetto che nel mesmerismo) per produrre dei risultati. Però è riconosciuto che anche agendo sul corpo esso produce effetti benefici anche sulla mente.
È ormai risaputo che il benessere mentale è strettamente connesso al benessere fisico. Se il corpo è sano ed armonico, cioè se si ha uno stile di vita equilibrato e salutare, si è spesso in armonia anche a livello psicologico, poiché il fisico aiuta la nostra mente a stare meglio.
A volte, prendersi cura del proprio corpo è utile per allentare le tensioni e, al contrario, anche svolgere attività semplici, creative e rilassanti può essere utile per gestire stress e ansia.
L’interazione corpo mente (o, meglio, corpo e anima) può condizionare la nostra vita. Infatti, (in diverse culture si attribuiscono allo stato dell’anima potenti effetti sulla salute dell’uomo” (Sergio Albanese, Interazioni fra il corpo e l’anima). Infatti vi sono numerosi studi scientifici e medici che dimostrano come a seguito di eventi fortemente stressanti si può avere spesso un crollo anche nelle condizioni di salute con l’insorgere, quasi improvviso di una serie di patologie, mentre, al contrario, chi è profondamente centrato su di sé (ad esempio chi fa Yoga o pratiche analoghe) ha un sistema immunitario più forte e resistente. Lo stress è uno di quegli stati in cui una serie di fattori esterni, spesso estremi, vanno a stimolare il nostro sistema nervoso centrale attraverso il rilascio di ormoni che producono effetti negativi sull’organismo. Tale tipo di stress negativo agisce anche sul corpo. Le informazioni relative a situazioni che definiamo stressanti vengono elaborate dall’ipotalamo, una regione del cervello fra le più antiche strutturata per reagire a situazioni di pericolo. Il nostro cervello non è capace di distinguere tra un pericolo fisico reale (ad esempio un pericolo di vita) e un pericolo mentale (ad esempio una grave arrabbiatura), perciò in entrambi i casi scatena le medesime reazioni atte a garantire la sopravvivenza rilasciando nel sangue una serie di ormoni capaci di aumentare la resistenza fisica, innalzare la pressione, aumentare la frequenza cardiaca e la quantità di zucchero nel sangue, la frequenza respiratoria, a diminuire la fame, il desiderio sessuale e il bisogno di sonno. Ma, se tali fattori sono fondamentali per rispondere ad una situazione di pericolo fisico, essi sono dannosi nella nostra vita quotidiana. Inoltre, un lungo periodo di rilascio di cortisolo porta ad un indebolimento delle difese immunitarie, agisce sul sistema cardiovascolare causando ipertensione e cardiopatie, infine, innalzando la glicemia, predispone al diabete.
Da tutto questo si evince come sia necessario agire simultaneamente su corpo e mente per produrre armonia e benessere che agiranno contemporaneamente sulla nostra salute fisica e mentale, portando, come effetto “collaterale”, alla capacità di sfruttare al meglio tutto il nostro potenziale in ogni situazione, permettendoci di dare sempre il meglio di noi stessi.
SYNAPTICA , nasce con questo scopo: allineare corpo e mente per farci vivere in armonia con noi stessi, per aiutarci a sfruttare tutte le nostre potenzialità in ogni momento della vita, per cancellare lo stress, aprendo un portale che ci conduce ad una nuova dimensione dell’essere.
Come lo fa? Attraverso una metodica, il metodo MIND (Massaggio Iperempirico Neuro-Dinamico) in cui due operatori, un ipnotista e ud una a operatrice olistica del massaggio agiscono contemporaneamente su corpo e mente conducendovi in una meravigliosa esperienza rilassante e potenziante.
Ogni seduta
dura circa un’ora durante la quale scoprirete di accedere a nuove dimensioni di
consapevolezza e potere su voi stessi.
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Gli antichi egizi usavano una particolare forma di ipnosi attraverso la quale entravano in uno stato di trance.
Nel papiro di Ebers (datato circa 1.500 A. C.) vi sono tracce che parlano di ipnosi per la guarigione . Anche nel papiro di Leida, risalente alla XX Dinastia, viene riportata una tecnica di induzione rappresentata dal dondolio di una lampada davanti al viso del soggetto. L’uso dell’ipnosi nell’antichità era comune anche ai Caldei, Medi, Persiani e, successivamente, anche ai Greci.
Tuttavia, vi è una versione dell’ipnosi egizia, arricchita con la cosiddetta metodica dei quattro elementi, che era, invece, usata per il viaggio astrale e riservata, sempre per il tramite dei sacerdoti, ai Faraoni.
Tale esperienza, che veniva svolta in luoghi molto isolati dei palazzi, spesso nelle profondità di recessi sotterranei, perfettamente isolati da tutto, era finalizzata non solo alla conoscenza (visitare luoghi remoti ed ottenere visioni, come nelle pratiche dei popoli mesopotamici), ma anche per creare una profonda armonia con se stessi, legando corpo fisico ed astrale con l’anima per una profonda e radicata consapevolezza di sé. Si trattava di un “viaggio”, verso l’alto, verso il Cielo lasciando il corpo fisico adagiato a terra, con le sue preoccupazioni, i suoi problemi, con la sua “pesantezza”, per elevarsi verso la Dea del Cielo, Nut, immaginata con il corpo di una donna posta ad arco sulla terra: con la punta delle mani e quella dei piedi toccava appoggiate a terra, mentre il suo ventre forma la volta celeste. Secondo il mito ingoiava il sole la sera per partorirlo la mattina seguente in un eterno ciclo di morte e di rinascita. Questo fece di lei il simbolo per eccellenza della rigenerazione eterna. Visitare Nut permetteva di entrare in una sintonia profonda con l’Universo (quello che, più tardi fu rappresentato dal pianeta Saturno) entrandovi in risonanza.
Caratteristica di questo viaggio era il fatto che per poter visitare il Cielo e ritornare era necessario portare con sé il corpo (ovviamente astrale), cioè mantenere un legame a terra. Come ricordo sempre a tutti nei miei corsi “un aquilone non può volare in alto se non vi è una forza che lo tira verso terra. Solo allora può innalzarsi e dirigersi dove vuole. Senza questa forza esso si schianta immediatamente”.
Il legame con la terra, con il corpo è quello che ci permette di ritornare. È quello che ci consente di aprire con sicurezza il portale.
Oggi abbiamo perso molti dettagli di tale viaggio, ma noi di Synaptica, io e Alice Falcioni, operatrice olistica del Massaggio, abbiamo ricreato qualcosa di analogo.
Si tratta di un’esperienza che, operando contemporaneamente su mente e corpo permette di aprire un portale di auto consapevolezza e di viaggiare verso la scoperta di sé, dei propri talenti, della propria armonia, come facevano i Faraoni, ma con modalità più consone alla nostra cultura moderna.
Mente e corpo uniti, ci permettono di viaggiare in alto, di esplorare dimensioni lontane nelle nostre profondità dove sta il nostro Cielo. Si ricordi che l’Albero della Vita, è sempre rovesciato, con le radici che affondano nelle dimensioni eteree e le foglie in basso. Così più entriamo in profondità più ci eleviamo verso l’alto, verso le nostre radici divine. E, come nell’esempio dell’aquilone, più siamo connessi al nostro corpo, più possiamo volare in alto, esattamente come facevano i Faraoni oltre tremila anni fa.
Synaptica è un viaggio che puoi fare da solo, individualmente, in cui due operatori lavorano contemporaneamente su di te, oppure in gruppo, sperimentando l’energia positiva che il gruppo produce.
Se anche tu vuoi scoprire questa esperienza e provare tale emozione profonda contattaci subito. Il primo gruppo è già partito a Senigallia (si ritrova tutti i mercoledì presso il centro Olosophia dalle 21 alle 22!
La Forza è ogni giorno il punto cruciale di ogni cosa che facciamo. Espressioni come “oggi non sono in forze…” Oggi non ce la faccio proprio…” sono espressione di un pensiero profondo. E puntualmente ciascuno di noi attribuisce ad eventi fuori di noi la responsabilità di come viviamo.
Ma le situazioni difficili, le avversità, sono parte integrante della nostra vita, perciò non dobbiamo attribuir loro questa responsabilità. La vita, gli accadimenti di ogni giornata, sono un flusso di eventi che leggiamo come positivio negativi, gradevoli o sgradevoli, che ci scatenano emozioni variegate, ma che, a volte, ci paralizzano. Però è ciò che facciamo, cioè come reagiamo alle situazioni, l'importante e questo è solo nostra responsabilità.
Sono cresciuto con l’educazione appresa dai vecchi film di Hollywood e vorrei citare una frase che l’attore Walter Surovy (nel film Acque del Sud , nei panni di Paul De Bursac) rivolge ad Humphrey Bogart (nei panni del Cap. Harry Morgan): “ Vorrei essere come lei Capitano. Di fronte al pericolo lei pensa solo al modo di superarlo. La possibilità di essere battuto, non le passa neanche per la mente... ”
Questo è l’atteggiamento che conduce a vivere bene, a costruire al meglio la propria vita, a prescindere da ciò che può accadere.
E, per restare in ambito cinematografico, riporto un’altra frase, ancora estrapolata da un film, in cui John Wayne (nei panni del Cap. Karl Ehrlich, in Gli amanti dei cinque mari ) spiega a Lana Turner (nei panni della spia Elsa Keller): “ Il carattere di un uomo è debole o è forte. La debolezza si può nascondere come ruggine sotto uno strato di vernice, ma, prima o poi, riaffiora. La forza non si può abbattere. Mai ”.
Ciò che qui non è detto, è che la forza si può allenare, il carattere si può forgiare.
A patto che scegliamo di farlo e che ci impegniamo quotidianamente e con costanza su ogni accadimento.
Continuate a seguirci!
Ipnosi per potenziare la memoria
I meccanismi della memoria negli stati di trance ipnotica
Introduzione
Cosa succede nel nostro cervello durante la trance? Come si possono sfruttare gli stati di trance per migliorare la memoria? Come si possono migliorare le performaces della mente?
Per potenziare la memoria dobbiamo imparare a sfruttare a nostro vantaggio le caratteristiche di funzionamento del nostro cervello e, per farlo, dobbiamo sapere come funziona.
In questo sintetico modello un posto speciale lo hanno le ricerche della fisica quantistica applicata alla mente umana e, in particolare, quelle di Karl H. Pribram (“il modello olonomico della mente” - Holonomic Brain Theory) e di David Bohm.
Successivamente useremo specifiche e pratiche strategie per massimizzare le performances di apprendimento.
La prima è la luce.
La seconda è una metodica per incrementare le performances (nata, appunto nell’ambito sportivo) di cui trovate lo script integrale.
La terza è la classica ipnosi per poter accedere ad uno stato in cui la mente diviene più spugnosa e più incline ad accettare suggestioni. Questa può essere non verbale (ad esempio lo sguardo o lo specchio se si pratica da soli) oppure verbale (e trovate lo script in fondo).
Una delle più importanti e più recenti scoperte sulla mente umana è che il cervello è estremamente plastico : perciò, più vi applicherete con questi esercizi, più permetterete alla vostra rete neuronale di “colonizzare” nuove zone della corteccia cerebrale modificando l’architettura fisica del vostro cervello.
Buona lettura!
Come funziona la memoria
La memoria nelle neuroscienze viene definita come la capacità del cervello di conservare informazioni.
Essa opera in tre distinte fasi:
- La codifica , che consiste nell’elaborazione delle informazioni ricevute.
- L’ immagazzinamento , la creazione di registrazioni o cataloghi permanenti delle informazioni codificate.
- Il richiamo , che è la funzione di recupero delle informazioni immagazzinate, in risposta a qualche sollecitazione.
Secondo recentissime ricerche (parliamo degli ultimi tre-quattro anni) con le più avanzate macchine a scansione magnetica possiamo affermare che ogni secondo arrivano al cervello, dagli organi di senso, circa 40/60 Gigabyte di informazioni. Tale mole di dati deve essere elaborata dai centri cerebrali e “gestita” per fornirci le impressioni sensoriali affinché possiamo muoverci nello spazio e percepire ciò che ci circonda. Nessuna macchina, né robot, è ancora in grado di fare altrettanto e non parliamo di pensiero o di parola. Quando aggiungiamo anche le sensazioni interne (le cosiddette enterocezioni ), i pensieri, le parole, ci proiettiamo in una dimensione che eccede i 50 Gigabyte al secondo. Tutte le informazioni arrivano al cervello dai nostri sensi attraverso il midollo spinale e l’ippocampo le distribuisce nelle varie aree (amigdala, per le memorie collegate alle emozioni, la corteccia prefrontale, il talamo, ecc.). Perciò, l’ippocampo svolge il ruolo di “smistare” le informazioni. Come l’immagine (pagina accanto) mostra l’ippocampo ha un ruolo cruciale nella formazione di memoria ed apprendimento: infatti, smista le informazioni che provengono dai sensi, attraverso il midollo spinale, nelle varie aree del cervello. Questo lavoro può essere reso più efficace da alcune tecniche quantistiche (e in special modo dalla luce) o da metodiche legate all’ipnosi.
Le informazioni che arrivano al cervello sono inizialmente organizzate sotto forma di impulsi luminosi-elettrici. Il cervello può gestire solo una quantità limitata di dati per ogni secondo poiché non può utilizzare più di 25 Watt (pari alla potenza di una fioca lampadina elettrica), pena il surriscaldamento della massa cerebrale, perciò, per poter avere, comunque, la possibilità di ottenere performances pressoché illimitate, deve essere in grado di “gestire” tali capacità e di creare meccanismi “automatici” e altri accorgimenti per risparmiare energia.
“Per gestire” una mole incredibile di dati e di potenzialità, il cervello ha bisogno di lavorare in determinati modi. Ad esempio uno dei più semplici è quello di “escludere” le funzioni che non interessano. In altre parole questo significa focalizzare l’attenzione solo su determinati oggetti. Chiamiamo questo fenomeno “ attenzione selettiva ”. Un secondo modo che il cervello adotta per risparmiare energia è quello di creare “ meccanismi automatici ” in grado di eseguire determinati programmi. Pensate alla prima volta che siete andati in bicicletta o che avete guita un’automobile; ogni gesto, anche il più piccolo, doveva essere pensato e programmato meticolosamente, con tutta l’attenzione disponibile. La stessa cosa è avvenuta per camminare e così via. Poi, con il passare del tempo, il cervello ha creato un meccanismo automatico che gestisce queste funzioni in modo che non dobbiamo più prestarvi attenzione, non dobbiamo dedicarvi memoria (un po’ come la RAM del computer), ma tutto si svolge senza che vi pensiamo. Guidiamo e, nel contempo parliamo, ascoltiamo, cioè prestiamo attenzione ad altre cose o a nulla, e restiamo rilassati. Questi meccanismi automatici sono dei sistemi molto potenti per risparmiare energia, cioè attenzione, ma c’è un rovescio della medaglia: arriava un momento in cui gran parte della nostra vita è gestita da gesti automatici: ci svegliamo alla stessa ora, senza neppure pensarci, cioè automaticamente, ci dirigiamo in bagno, poi a fare colazione, prendiamo la stessa strada, ecc.. Ora la domanda che sorge è questa: quanta parte della nostra vita deleghiamo a tali meccanismi, a comportamenti creati in questa maniera? Infatti, oltre ai meccanismi comportamentali, vi sono anche le reazioni che divengono automatiche come uno scatto di rabbia o di collera, il riso, e potremmo elencarne tante. Quanto potremmo riprendere sotto i nostro diretto controllo della nostra vita prendendo semplicemente coscienza di questo?
Ciascuno giudicherà da sé.
Infine, il cervello attua altri stratagemmi per poter gestire le informazioni senza richiendere un aumento della potenza necessaria (ricordiamo il limite di 25 watt). Nell’ambito della visione, per fare un’esempio, per ridurre l’impegno di memoria che sarebbe necessario il cervello adotta alcuni stratagemmi: il primo sfrutta la grande mobilità dell’occhio. Infatti, poiché l’cchio si muove molto velocemente, il cervello mette a fuoco solo la parte centrale dell’immagine, lasciando il contorno appena abbozzato. In questo modo si riduce sostanzialmente il “peso” di ciascuna immagine. Perciò, tutti i dettagli delle parti più periferiche vengono eliminati e, dei 180 gradi che costituiscono il cono visivo che noi percepiamo, viene messa a fuoco e dettagliata solo una ristretta fetta (si parla di circa 15 – 20 gradi). Tutto il resto è appena abbozzato e sfuocato. Così facendo le immagini che il cervello deve gestire ogni istante diventano molto più leggere. Infatti, l’organo della vista, da solo, comporta oltre 9 Gigabyte di informazioni al secondo: una quantità eneorme. Ma noi non abbiamo coscienza del fatto che la visione subisca questo drastico taglio, poiché a tale imperfezione si supplisce con una mobilità molto elevata dell’occhio, per la quale tutto, nel giro di poco tempo, viene analizzato nel dettaglio. Così si formano la “ visione centrale ” (quella che ci permette di avere immagini nitide) e la “ visone laterale ” molto ben illustrata dal Dr. Marco Paret nelle sue lezioni sulle tecniche di fascinazione e sulla fissazione del punto. Infatti, la visione laterale porta ad un diverso tipo di coscienza.
Noi abbiamo la convinzione che ciò che vediamo sia reale, ma non è così: quello che vediamo è una ricostruzione del cervello (sulla base delle sue precedenti esperienze). Osserviamo come avviene. Ogni occhio cattura immagini a 180 gradi e le invia, tramite il nervo ottico, al cervello. Tuttavia tali informazioni sono molto parziali: innanzi tutto sono bidimensionali. Il cervello le compara fra loro e, in base alla distanza fra i due bulbi oculari, cancella alcuni oggetti per creare, da due diverse immagini, un’unica scena tridimensionale. Ma non solo, il cervello cancella alcuni oggetti “doppi” (poiché provengono dai due occhi), ma aggiunge anche qualcosa. Infatti, il nervo ottico occupa tutta la parte centrale dell’immagine. Perciò, noi dovremmo vedere un buco nero al centro di ogni immagine. In realtà nessuno di noi lo vede, poiché il cervello, confrontando fra loro le diverse immagini (fra occhio destro e sinistro) compensa tale buco, riempendolo per interpolazione, sfruttando il fenomeno della grande mobilità dell’occhio.
La visione è anche statica, nel senso che ciò che viene “fotografato” dagli occhi non è in movimento. È il cervello che, mettendo in sequenza tutte le immagini, crea l’effetto del movimento (più o meno veloce). Se, ad esempio, prendete una mosca, i suoi occhi catturano molte più immagini ogni secondo rispetto ai nostri, perciò, la mosca vede tutto al rallentatore. Questo è il motivo per cui è così difficile prenderla con un gesto veloce, mentre, se agiamo molto lentamente la mosca non sarà in grado di cogliere il movimento della nostra mano, percependola pressoché ferma.
Tutto questo è spiegato per capire come il cervello costruisce le percezioni sensorie sulla base di un modello di realtà che dalle stesse è costruito. Si tratta di un processo continuo che si modifica incessantemente: appena nati iniziamo a percepire; mano a mano, ci è insegnato a decodificare le percezioni (ad esempio dando “nomi” alle cose [1] ): così l’immagine del mondo che ci siamo creati serve a costruire il modello in base al quale si costruiscono le successive percezioni. Perciò ciò vediamo è un costrutto della mente, più che un’immagine vera e propria.
Ora quello che ci interessa è lo schema con cui opera la memoria. Le informazioni ci arrivano dagli organi di senso attraverso il midollo spinale e vengono ripartite nelle varie aree del cervello dall’ippocampo che, perciò, ha un ruolo centrale nel processo di memorizzazione. In questo processo entrano in gioca anche alcuni geni: il gene NR2B ed il gene CREB Attivatore, che, tra l’altro è il responsabile del “travaso” dalla memoria a breve termine (o primaria) a quella a lungo termine (o secondaria).
A questo proposito bisogna osservare che ci è sempre stato insegnato (e non a torto) che vi sono due tipi di memoria: quella a breve termine e quella a lungo termine che risiedono in luoghi diversi del cervello.
In realtà, dovremmo ragionare con un’altra ottica, cioè dividendo la memoria a breve termine (MBT) da quella a lungo termine (MLT), in base alla loro natura. Non si tratta di riversare oggetti da un contenitore piccolo ad uno più grande, ma di cambiare la sostanza. Perciò, non è il luogo dove risiedono che le diversifica, ma la loro qualità . Infatti, la prima (MBT) è di natura elettrica. Come sopra affermato, gli stimoli provenienti dagli organi di senso arrivano al midollo spinale e, tramite l’ippocampo, vengono smistati nelle varie aree. Tali informazioni, essendo elettriche, sono molto instabili. Ad esempio, basta un forte urto per perdere una serie di dati. Praticamente è lo stesso della memoria di hard disk di un computer: se cade si possono smagnetizzare delle aree con conseguente perdita di dati.
La memoria a lungo termine (MLT) invece, è di natura molecolare, molto più stabile ed è formata da proteine: essa viene stoccata in archivi e lì conservata finché non occorre. Si noti che essendo formata da proteine o, comunque, molecole, ogni volte che un ricordo viene estratto dall’“archivio”, poiché tale estrazione deve essere fatta con un catalizzatore proteico, essa, per qualche verso, viene modificata. Chi ha visto il cartone animato (Disney-Pixar) Inside-Out può avere in mente la scena in cui la Tristezza tocca, prendendola dall’archivio, una sfera di un ricordo, modificandone la connotazione (e il colore, che, da giallo, diviene blu). Questa, ad esempio, è una delle ragioni per cui le strategie di PNL, o anche quelle ipnotiche, sono così efficaci.
Organizzazione della memoria
Non esistono delle zone dove vengono memorizzati singoli dati, come in un disco fisso di un computer. Ogni informazione è ripartita attraverso un intero complesso di cellule della memoria. Se si richiama alla memoria un dato è sufficiente mostrare una piccola parte dello schema (cioè una associazione) e l’intero modello viene ricostruito.
Questo è alla base della teoria olonomica del cervello per la quale il cervello opera in modo simile a un ologramma. Entreremo più aventi in maggiore dettaglio riguardo a questo aspetto.
L’oblio: perché dimentichiamo
La nostra memoria è perfetta, ma lo è solo nella fase di deposito delle informazioni. Il problema è quando si vanno a recuperare. Le associazioni mentali servono ad ordinare i dati immagazzinati affinché essi possano essere facilmente ripescati. Ad esempio, le mnemotecniche lavorano in questo ambito: creano cioè, una serie di “schedari” con i quali recuperare facilmente le informazioni archiviate. È come usare un archivio ben organizzato oppure gettare tutto alla rinfusa dentro un grande contenitore.
Perciò, vi possono essere due diversi motivi per cui si dimentica ciò che sé memorizzato. La rievocazione immediata di un’informazione può mancare perché non è stata trasmessa alla memoria a lungo termine oppure perché non ci sono sufficienti associazioni per metterla a fuoco. Questa teoria spiega anche perché taluni ricordi appaiono rimossi: tali ricordi sono inaccessibili perché la loro presenza sarebbe inaccettabile per il soggetto a causa dell’ansia o dei sentimenti di colpa che potrebbero attivare. Non sono perciò scomparsi, ma il subconscio evita che le associazioni necessarie si formino. Gli individui colpiti da amnesia non dimenticano tutto, solo degli elementi personali. Ciò avviene spesso per un trauma emotivo al quale l’amnesia permette di sfuggire. Spesso poi parte di tali ricordi riaffiora quando vengono evocati dalle giuste associazioni.
La memoria olografica
Da quanto si è detto finora si può ben comprendere come l’ipnosi possa accrescere le potenzialità della mente umana sfruttando il potere del subconscio. Infatti, l’emisfero destro del cervello costituisce l’hardware della nostra mente; accedere ed imparare a dialogare con questa parte del cervello significa entrare in possesso delle chiavi dell’infinito potere che è racchiuso in noi. Inoltre, oggi sappiamo che “ la mente è dappertutto ” e solo attraverso stati particolari, come quelli di trance ipnotica, è possibile accedere consapevolmente a memorie legate al corpo, a memorie muscolari, ad ancore, a memorie cellulari, emotive, ricostituendo una mappa tridimensionale della memoria.
È quello che Karl H. Pribram chiama “ il modello olonomico della mente ” ( Holonomic Brain Theory) in cui nella mente umana si crea una stretta cooperazione tra fisica, neurologia ed ingegneria. Attraverso un uso mirato della trance ipnotica è possibile creare così un modello tridimensionale della memoria: la memoria olografica dove vi è una stretta correlazione tra il dominio delle frequenze e quello delle immagini-oggetti di cui facciamo esperienza. Perciò, la memoria olografica e al modello olonomico del cervello è un modello creato dagli scienziati David Bohm e Karl Pribram che mostra come il cervello operi in modo simile ad un ologramma, seguendo i principi della matematica quantistica ed i criteri delle onde di interferenza. In questo modo si stabilisce una stretta correlazione fra fisica, neurologia ed ingegneria così come fra mente, spiritualità e materia. Il riferimento è anche al lavoro di Flavio Burgarella che mostra come la spiritualità e la mente, la coscienza possano interferire con la rigenerazione della materia a livello cardiaco.
Perciò, oggi con le conoscenze della fisica quantistica, abbiamo la possibilità di comprendere meglio la natura e le possibilità della memoria, imparando a sfruttarle in modo tridimensionale attraverso un paradigma olografico .
Infatti, la memoria è un sistema olografico.
Il paradigma, proposto da Bohm e Pribram, afferma che tutte le informazioni memorizzate sono raccolte nella mente in maniera olografica.
L’idea viene dall’olografia, che è un’immagine tridimensionale in cui ogni parte contiene la riproduzione del tutto. Come si accennato poco sopra il concetto olografico è basato sul concetto di interferenza. Un ologramma è realizzato catturando su di una lastra fotografica il pattern di interferenza di un’onda.
«L’aspetto più sbalorditivo del modello cerebrale olografico di Pribram è ciò che risulta unendolo alla teoria di Bohm.
Se la concretezza del mondo non è altro che una realtà secondaria e ciò che esiste non è altro che un turbine olografico di frequenze e se persino il cervello è solo un ologramma che seleziona alcune di queste frequenze trasformandole in percezioni sensoriali, cosa resta della realtà oggettiva?
In parole povere: non esiste. Come sostenuto dalle religioni e dalle filosofie orientali, il mondo materiale è una illusione. Noi stessi pensiamo di essere entità fisiche che si muovono in un mondo fisico, ma tutto questo è pura illusione.
In realtà siamo una sorta di “ricevitori” che galleggiano in un caleidoscopico mare di frequenze e ciò che ne estraiamo lo trasformiamo magicamente in realtà fisica: uno dei miliardi di “mondi” esistenti nel super-ologramma. Questo impressionante nuovo concetto di realtà è stato battezzato “paradigma olografico” […] In un Universo in cui le menti individuali sono in effetti porzioni indivisibili di un ologramma e tutto è infinitamente interconnesso, i cosiddetti “stati alterati di coscienza” potrebbero semplicemente essere il passaggio ad un livello olografico più elevato […] [2] ».
In questo contesto, l’idea di Karl Pribram di chiamare il suo paradigma con il nome di Teoria del Cervello Olonomico piuttosto che olografico , rimanda alla considerazione che le memorie e il cervello formano un tutto profondamente interrelato. Infatti, le emozioni formano un ponte che, insieme all’ insight , crea una diffusione delle informazioni su tutta la superficie del cervello con legami profondi e molto ramificati. Questa idea si discosta di molto dall’immagine del dualismo (se vogliamo bidimensionale) della distinzione memoria a breve termine e memoria a lungo termine. Il termine “ olonomico ” (dal greco ὅλος holos cioè tutto, ovvero l’intero e νόμος nomos , che significa legge o norma) sottolinea proprio questo aspetto. «L’olografia offrì dunque a Pribram la rivoluzionaria intuizione che esistesse una relazione tra il dominio delle frequenze e quello delle immagini-oggetti di cui facciamo esperienza. Le conseguenze di questo modello ricordano molto quanto emerso dai paradossi della meccanica quantistica: allo stesso modo infatti l’osservatore non può esistere indipendentemente dall’oggetto osservato e allo stesso modo sembra totalmente inefficace permanere in una prospettiva dualistica che considera i due sistemi come separati» [3] .
Anche per quanto attiene la memoria il modello olonomico del cervello riesce a spiegare come sia possibile riuscire ad immagazzinare così tante informazioni in uno spazio fisicamente così ristretto. Infatti, come già osservava Gurdjieff nel 1943, «dal momento in cui nasciamo i nostri centri registrano tutto. [Rivolgendosi ad un allievo afferma che] se la mettessi in un sonno ipnotico lei potrebbe dirmi quel che è accaduto una settimana dopo la sua nascita. Tutto è scritto, c’è tutto. Un soggetto che ho addormentato mi ha indicato le pulsazioni della persona che era accanto a lui nel momento in cui l’ho rianimato. È tutto scritto, come su una lastra fotografica, ma mille volte più sensibile» [4] . In questo senso il concepire il cervello come un ologramma può spiegare questo fenomeno. Infatti, gli ologrammi hanno «la straordinaria capacità di contenere dati semplicemente cambiando l’angolazione con cui due raggi laser colpiscono la lastra fotografica, rendendo così possibile accumulare miliardi di informazioni in un solo centimetro cubico di spazio» [5] . Perciò, un cervello che funziona usando i principi dell’ologramma per convertire, codificare e decodificare frequenze (luminose, sonore ecc.) ricevute attraverso i sensi, non ha bisogno di andare a cercare le informazioni in una sorta di archivio come noi lo intendiamo in senso tradizionale, ma ogni frammento di informazione è sempre istantaneamente correlato a tutti gli altri frammenti. Il “collante” è costituito dalle emozioni e da quei “flash” che noi chiamiamo insight. Infatti, per così dire, l’insight, così come le forti emozioni, legano le informazioni acquisite fra loro “spalmandole” su tutta la superficie del cervello. Perciò, secondo alcuni ricercatori, il cervello, funzionando come un ologramma, non immagazzinerebbe semplicemente informazioni in precise localizzazioni (come ha mostrato Lashley [6] a proposito degli engrammi [7] ) ma le distribuirebbe su vaste aree. Perciò, la memoria olografica vede simultaneamente l’azione di diverse parti del sistema nervoso, come ad esempio il cervelletto, il corpo striato, la corteccia cerebrale, l'ippocampo, l’amigdala che assumono, tutte insieme un importante ruolo nella memoria. L’ippocampo, secondo alcuni neuroscienziati, sarebbe maggiormente coinvolto nell’apprendimento spaziale e verbale, e sarebbe utile nel consolidamento della memoria a breve termine in memoria a lungo termine. Ma ancor più interessante è sottolineare che secondo tale modello, uno stesso evento, fatto di immagini, suoni, azioni, parole, emozioni, verrebbe codificato in diverse aree del cervello, collegate tra di loro da collegamenti sinaptici, e collegate con altre informazioni che danno senso compiuto all'esperienza fatta. Questa rete di connessioni neurali che codificano la stessa esperienza, costituisce l'engramma: è il modello olografico della memoria. Sembra che tale modello lavori, più che per strutture cerebrali, per frequenze . Perciò il modello olonomico del cervello è essenzialmente una descrizione matematica dei processi e delle interazioni neuronali in cui la matematica è la stessa di quella presa in considerazione da Gabor e, prima di lui, da Hillman e da Heisenberg per descrivere gli eventi quantistici.
Perciò, se il cervello lavora in modo olografico e, se la realtà che percepiamo altro non è che una ricostruzione virtuale della nostra mente, inizia a vacillare anche il concetto stesso di realtà. Keith Floyd, uno psicologo del Virginia Intermont College, ha sottolineato il fatto che se la concretezza della realtà non è altro che una illusione olografica, non potremmo più affermare che la mente crea la coscienza ( cogito ergo sum ). Al contrario, sarebbe la coscienza a creare l’illusoria sensazione di un cervello, di un corpo e di qualunque altro oggetto ci circondi che noi interpretiamo come «fisico».
Allo stesso modo, le tecniche di guarigione come la «visualizzazione» sono così efficaci perché, nel dominio olografico del pensiero, le immagini sono reali quanto la «realtà».
In questo senso, un approccio quantistico porta a nuove considerazioni riguardo a molti aspetti non solo della memoria, ma anche del potere della nostra mente. Il già citato Flavio Burgarella nelle sue ricerche parla di rigenerazione cellulare rimandando alle scoperte di Rupert Sheldrake sui fenomeni di risonanza morfica i quali, essendo costituiti da vibrazioni-memorie, forme-pensiero, sarebbero in grado di fungere da calamita verso altre forme-pensiero simili, attirandone altre con caratteristiche analoghe. Infatti vi sono esperienze di “ Laboratori di Risonanza Morfica nell’Ordine Implicato ”, in cui avvengono fenomeni molto particolari spiegabili solo attraverso questo nuovo paradigma in cui la memoria gioca un ruolo fondamentale: si ha il passaggio al Campo Olografico (che avviene attraverso la visualizzazione), tramite la Risonanza Morfica.
Non è questa la sede per approfondire tali aspetti, ma le ricerche sono sicuramente interessanti per comprendere il ruolo della memoria negli stati ipnotici.
Gli stadi mentali
Tutto questo però è possibile solo in determinati stati di coscienza . In altre parole la nostra mente lavora in modi molto diversi a seconda dello stato in cui si trova, cioè delle frequenze che emette. Per questo, prima di andare avanti, è necessario analizzare i diversi “livelli” di attività del nostro cervello.
I cinque ritmi delle onde cerebrali che consideriamo nel controllo della nostra mente sono detti “ Gamma ”, “ Beta ”, “ Alfa ”, “ Theta ” e “ Delta ” [8] . Chi intendesse approfondire questo aspetto può farlo sia consultando il mio libro Quantum Memory [9] sia Apprendimento Facile [10] .
Qui vorrei solo riportare nei grafici, per ciascuno stadio le facoltà che vengono attivate.
Memoria processo attivo
Come già si può intuire, in base a tutto ciò che qui è stato detto la memoria non è un deposito di dati, ma un complesso processo di immagazzinamento , ritenzione e recupero di informazioni, che richiede una attiva rielaborazione dei contenuti, piuttosto che una passiva ricezione degli stessi.
Inoltre, come già si è visto, poiché la memoria è costituita da molecole, ogni volta che viene estratto un ricordo, esso viene in parte modificato.
L’ipnosi permette di recuperare memorie sepolte nel subconscio, ma a volte, specialmente nelle esperienze regressive, non è possibile distinguere tra gli eventuali veri ricordi repressi e i falsi ricordi che si formano e si fissano grazie al processo regressivo. L’ipnosi non può essere considerata come un semplice «videoregistratore, anche se può permettere di rivivere le scene del passato, fermandosi su questo o quell'istante, focalizzando questo o quel dettaglio. Infatti, la nostra memoria funziona in modo ben diverso da una videocamera: non solo percepiamo solo una piccola parte della realtà che ci circonda, ma rimaneggiamo continuamente i nostri ricordi. Lo psicologo Armando de Vincentiis spiega che “la memoria non è esclusivamente un processo passivo di rievocazione degli eventi, ma è piuttosto un processo attivo di ricostruzione, fortemente influenzato dalle condizioni emotive del soggetto”.
Infatti, mentre i dati registrati su un supporto informatico riportano informazioni in modo oggettivo ed immutabile, la nostra memoria è un processo creativo: costruttivo nel momento in cui il dato viene immagazzinato e ricostruttivo nel momento in cui viene rievocato. Questa ricostruzione viene eseguita sulla base delle conoscenze, aspettative e credenze presenti, ovvero sull’identità attuale della persona [11] .
Perciò, ci troviamo di fronte ad una comunicazione a due direzioni: da una parte la memoria costruisce la nostra identità (nell’immagine alla pagina successiva in giallo), dall’altra, l’identità attuale influisce sul recupero dei ricordi favorendo o impedendo l’accesso ad alcuni contenuti e costruendo interpretazioni che si modificano nel tempo con l’evolversi dell’identità stessa (nell’immagine alla pagina successiva in rosso). Queste considerazioni circa l’accessibilità dei contenuti mnestici dà ragione del fatto che, in certi momenti o in certe fasi della vita, nonostante ci si provi, sia difficile o impossibile recuperare certi avvenimenti [12] .
Sfruttare la trance ipnotica per favorire l’apprendimento di specifici contenuti, a prescindere dal canale sensoriale con cui vengono presentati, ha come effetto un evidente miglioramento della performance mnemonica. Questo è alla base del metodo QUANTUM MEMORY e delle sedute personali che utilizzano il nostro Hypnolearning System esclusiva di Mentalsuperpower - LUCEM.
In questo modo creiamo una nuova traccia mnestica. Accenneremo a questo nel prossimo capitolo.
Memoria e ricordi
Per quanto detto, dobbiamo distinguere fra trance ipnotica per training di potenziamento e di recupero della memoria (cioè per incrementare le abilità di apprendimento) e trance ipnotica regressiva per recuperare e rielaborare ricordi.
In questa accezione possiamo distinguere fra Memoria e Ricordi laddove:
Memoria = facoltà mnestica legata all’apprendimento
Ricordi = episodi che recuperiamo dal passato per rielaborarli
Ovviamente i due fenomeni sono strettamente connessi.
I Ricordi , come si è visto, sono sempre soggetti a una ricostruzione, quindi, quando ricordiamo qualcosa, non si tratta mai di un’accurata e fedele rievocazione dell’informazione originaria.
La Memoria , secondo la psicologa Maria Novella Grimaldi «è un costrutto legato all’apprendimento: […infatti] accade sempre più spesso che le persone si avvicinano all’ipnosi affascinati dalla possibilità di potenziare, con specifiche strategie, le proprie capacità di memorizzazione e recupero delle informazioni [13] ».
Le classiche metodiche regressive sono solitamente mirate a recuperare ricordi . Il recupero non è solo un viaggio “turistico”, ma ricostruisce i ricordi, li modifica e ne scioglie i nodi risolvendoli. Perciò, attraverso queste pratiche è possibile eliminare blocchi, ma anche potenziare ed incrementare risorse esattamente come si fa con gli strumenti di PNL.
Si può anche intervenire con metodiche diverse, per potenziare la Memoria . Infatti, attraverso trances ipnotiche è possibile costruire nuove tracce mnesiche potenti per ricodificare la memoria, riattivare e sviluppare i recettori neuronali, cioè i neurotrasmettitori, le molecole del cervello che trasmettono le informazioni fra neuroni. Perciò, si può potenziare la capacità del cervello nel creare collegamenti ed archivi mentali, migliorando, al contempo le performances di apprendimento. In questo caso non si tratta di recuperare informazioni delle quali non si aveva più coscienza, ma di usare la trance ipnotica per produrre effetti fisici sul cervello. Ad esempio, così come si fa con la luce, si possono migliorare le performances dell’ippocampo, del Gene NR2B o del Gene CREB Attivatore.
In questi casi, perciò non si parla di tecniche regressive, ma di trances ipnotiche finalizzate.
Chi desidera saperne di più ci può contattare [14] .
La luce per l’apprendimento
Come abbiamo visto finora il cervello lavora attraverso una serie di reazioni fisico-chimiche trasformando impulsi elettrici in molecole e proteine. In questo lavoro la luce ha un ruolo fondamentale: infatti, essa costituisce un catalizzatore affinché tali reazioni possano svolgersi in modo efficace. Attraverso importanti ricerche scientifiche si è scoperto che è possibile imparare anche attraverso la luce, cioè sfruttando il suo importante potenziale.
Già settemila anni fa le tecniche con la luce, ovviamente quella del sole (anche se per alcune pratiche si usavano le lampade o le candele) erano utilizzate nell’antico oriente, in Mesopotamia e in Egitto. Si sfruttava il potere del sole, attraverso la sua fissazione, per produrre benefici effetti sul corpo umano, sulla salute e sulla mente. Nasceva così quell’attività che oggi è chiamata sungazing (fissazione del sole). In questi ultimi anni la Nasa ha approfondito queste ricerche per scoprire che effettivamente i benefici sono molteplici. Tra gli anni Cinquanta e gli anni Settanta un medico francese Charles Lefebure studiava gli effetti della luce sul cervello umano. Attraverso queste ricerche egli metteva a punto un metodo di evoluzione personale basato sull’osservazione della luce che chiamò fosfenismo . Queste sue ricerche si sono focalizzate sugli effetti della luce sul cervello attraverso l’immagine residua di una sorgente luminosa che rimane impressa nella retina: il fosfene che può essere chiamato anche fotoeco .
La luce è molto importante per l’apprendimento e in questo capitolo vedremo come utilizzarla sia per memorizzare testi o immagini, sia per accrescere la concentrazione e potenziare i sensi.
Queste tecniche si basano sia sulle ricerche originali del Dott. Lefebure (fosfenismo), sia sugli sviluppi del suo lavoro condotti, per oltre dieci anni dall’ISI-CNV di Marco Paret.
Le nostre esclusive metodiche LuceM [15] , pur contenendo molti punti di contatto con il fosfenismo o con le ricerche sviluppate dall’ISI-CNV, sono qualcosa di profondamente diverso e specifico, essendo legate anche alle Antiche Tradizioni alle quali ci siamo riferiti.
Consideriamo le metodiche LuceM tecniche quantistiche per l’apprendimento in quanto la luce produce sul cervello un effetto appunto “quantistico”. Infatti, poiché la luce bianca contiene tutti i colori e, quindi tutte le forme e tutte le idee, quando noi mettiamo un’idea o un’immagine nella luce, la sorgente luminosa fa collassare l’onda delle infinite possibilità che possono realizzarsi su quella specifica che abbiamo messo nella luce.
Fondamentalmente, la luce ha un triplice effetto sul cervello:
- il primo è che fissa le memorie. Questa azione, come si è visto nel primo capitolo, è possibile in virtù del fatto che la luce agisce come catalizzatore sia sull’ippocampo che sui geni NR2B e CREB attivatore. Nel gene NR2B la luce attiva la memoria fotografica. Non è questa la sede per comprendere tutti i processi biochimici che si sviluppano, attraverso la luce, nel cervello. Potremmo semplicemente paragonare la luce ad uno spray fissativo, una sorta di collante che fissa ed evidenzia le memorie nella nostra mente.
- Il secondo aspetto è legato ad altre sostanze quali, ad esempio, la mielina che costituisce le connessioni neuronali. La guaina mielinica (detta mielina) avvolge gli assoni [16] e permette la propagazione del segnale elettrico molto più rapidamente (fino a 150 m/s) che non negli assoni senza guaina mielinica. La luce agisce chimicamente sulla mielina (e anche su altre sostanze) rendendo il percorso degli impulsi elettrici più scorrevole. Per usare una metafora potremmo dire che crea un’autostrada per le nostre informazioni.
La luce agisce, come già ricordato precedentemente, anche nel rendere più funzionale il lavoro del gene NR2B nel creare associazioni mentali.
- Il terzo aspetto concerne il fatto che la luce fornisce energia al cervello, cioè è considerata un neuroattivatore. Per questo motivo, ad esempio, è sconsigliato guardare la televisione o lavorare al computer prima di andare a letto. Infatti, la luce attiva le cellule neuronali e le fornisce energia. Perciò, se dobbiamo studiare, facciamolo in un luogo molto ben illuminato (la luce deve provenire sempre dall’alto e da destra – da sinistra per i mancini). Questo spiega anche perché molti popoli del nord siano più pacati e meno vitali di popoli che vivono al sud nel pieno della luce.
Come usare la luce
Il nostro metodo LuceM migliora sia la memoria che la concentrazione e può essere un valido sostegno per lo studio quotidiano. Esso si basa su di un concetto fondamentale: l’uso della luce per facilitare l’apprendimento.
Come si è appena detto, studiare in ambienti luminosi facilita la memorizzazione. Del resto i libri sono stampati su carta bianca che è quella che riflette maggiormente la luce.
Quello che qui facciamo però è utilizzare la luce in maniera nuova, attraverso la traccia luminosa residua che permane sulla retina dopo aver osservato una luce. Con l’esposizione alla luce la mente ed il cervello vengono “attivati” migliorando notevolmente la capacità di ritenzione delle informazioni.
Il concetto base è che Energia Luminosa significa Energia Mentale: in altre parole, noi trasformiamo l’energia luminosa in energia mentale.
Agendo chimicamente sul cervello la luce migliora la facoltà di visualizzazione, cioè la capacità di immaginare ad occhi chiusi ciò che in questo momento non si trova davanti a noi. Con una migliore e più efficace visualizzazione migliora anche la memorizzazione.
Perciò, in questo metodo è la luce che, per così dire, fa il lavoro per noi, al nostro posto. Noi ci limiteremo soltanto ad osservarla.
Per questo motivo la luce è un ottimo alleato nello studio, anche perché ci permette di ottenere risultati facilmente e da subito, nel mentre che facciamo nostre le altre metodiche qui contenute.
Per usare la luce in modo efficace occorre una lampada. Va bene una qualsiasi lampada da tavolo come quella nell’immagine, munita di una lampadina ad incandescenza (ottime quelle a filamento di tungsteno) da 75 Watt. In alternativa si può usare una lampada a led oppure una alogena. L’importante è che si tratti di luce calda cioè ricca, con tutto lo spettro luminoso. Se possibile, è preferibile (ma non necessario) usare una lampadina non trasparente, ma color latte. Non è consigliabile, invece, usare le lampade al neon, sia perché hanno uno spettro luminoso molto povero, sia perché esse producono una vibrazione che dà fastidio al cervello diminuendo la capacità di attenzione.
Come fare la vostra prima esperienza
1. Per prima cosa installate la lampada posizionandola tra 1 metro e mezzo e 3 metri. È inutile essere troppo vicino, poiché il calore può affaticare gli occhi.
2. Chiudete le finestre.
3. Meglio avere una benda per mettersi al riparo della luce e poter verificare più agevolmente il tipo di immagini mentali che si formano a seguito del procedimento indicato. Perciò, preparate la benda.
4. State per creare il vostro primo “foto-eco” o “traccia residua luminosa”!
5. Azionate la lampada
6. Gli occhi devono osservare il centro della lampada.
7. Non tendete i muscoli della testa o degli occhi.
8. Quando spengerete la lampada mettete la benda.
9. Mentre siete ad occhi chiusi vedrete una macchia colorata, che assomiglia ad un caleidoscopio: in generale è gialla con un contorno giallo o arancio, ma per qualcuno è bianca. Poi il colore cambia, diventando rosa e poi violetto, poi blu, blu scuro ed infine, è possibile la percezione di un “foto-eco” o “traccia residua luminosa” nera.
10. Mantenete l’attenzione ed osservate i colori che si succedono. Se la macchia si muove o pulsa, va comunque bene.
11. Prendete tutto il tempo necessario per osservare il “foto-eco” o “traccia residua luminosa”; notate come i colori siano piacevoli.
12. Continuate ad osservare il “foto-eco” o “traccia residua luminosa”
La durata di un “foto-eco” o “traccia residua luminosa” è di circa tre minuti.
Ora che avete imparato come fare potete utilizzare questo metodo per studiare.
Sistematevi alla vostra postazione di studio e leggete un capitolo o un brano dal vostro libro restando concentrati. Il libro dovrà essere ben illuminato. Ricordate che più è illuminato, più facile sarà memorizzarlo. Dopo circa cinque minuti, mettete giù il libro e fissate per circa 30 secondi la luce di fronte a voi immaginando di rileggere al centro della lampadina tutto ciò che avete appena letto. Poi chiudete gli occhi o indossate la benda. Osservate la traccia luminosa residua finché non scompare senza pensare a nulla, sentendo il vostro respiro, i piedi appoggiati per terra (mai incrociati), le mani sulle ginocchia. Siate semplicemente testimoni di come cambiano i colori.
Proseguite così come desiderate.
Con la medesima procedura potete memorizzare anche delle immagini. Infatti, la memoria è strettamente legata all’attenzione ed alla facoltà di immaginazione.
È più facile ricordare qualcosa, se è rappresentato da un’immagine.
Perciò, la metodica della foto-sinapsi può dare il massimo risultato in quanto sviluppa contemporaneamente:
• Attenzione
• Chiarezza delle immagini mentali
• Energia mentale
La “traccia residua luminosa” (“foto-eco”) possiede una potenza sull’evocazione dei ricordi e, quindi, può essere molto utile nell’apprendimento.
Ipnosi e autoipnosi per la performance
La cosiddetta ipnosi per la performance (chiamata anche ipnosi fulcro ) è stata concepita come metodica per accrescere e migliorare la performance personale. È una tecnica nata per incrementare le performances sportive, ma è ampiamente utilizzabile anche nell’apprendimento di qualsiasi natura si tratti: apprendimento scolastico, musicale, ma anche performances nel lavoro e così via. Può essere condotta anche in autoipnosi, visto che è abbastanza semplice come procedura, oppure può essere guidata da un’altra persona. È anche possibile utilizzare una registrazione. Può essere realizzata anche con qualche variante.
Quella che segue è la procedura classica. Può essere utile, prima di iniziare fissare una luce, pensando all’obiettivo da raggiungere.
Questa utilizza un’ipnosi ericksoniana, cioè un approccio verbale. Al contatto con l’inconscio si portano cose diverse a succedere.
In questa tecnica vi sono tre punti principali:
1. Pre-sessione : cosa si vuole migliorare? Si analizza nel passato se vi è stato un momento in cui il soggetto è stato capace di …
2. Induzione : qui vi sono due punti:
a. L’osservazione da parte del soggetto della propria mano. “Osserva il centro della tua mano!” Si realizza una piccola catalessi con tre toccamenti e si chiede di fissare l’attenzione, premendo leggermente di dietro la nuca. Fissare gli occhi del trainer e dire: “Quando la focalizzazione comincia a cambiare o quando sei stanco, chiudi gli occhi”.
b. Rendersi conto della mente inconscia. “Adesso mentre la tua mano scende c’è una parte di te che sale… e questa è la tua parte inconscia”. Mentre la mano del soggetto scende, tenere la mano dell’operatore vicina e, con un ricalco dire: “Mentre la mano scende alla velocità che preferisce (o non più velocemente di quanto occorra per entrare dentro te stesso) quando sarà in basso, sarai profondamente e completamente rilassato, in una trance piacevole, all’interno di te stesso e ti puoi rendere conto di prendere contatto con la tua mente inconscia”. Notare i piccoli cambiamenti sulla faccia del soggetto. Ripetere: “Non voglio che la tua mano non scenda più velocemente di quanto tu non riesci a scendere all’interno di te stesso…” Chiedere: “Cosa vedi, cosa senti, cosa odi quando sei capace?” “Ora la tua mente inconscia può mostrare cosa vedevi, cosa sentivi, cosa udivi… quando eri veramente capace” (mentre la mano scende).
c. Ripetere ancora una terza volta. Alzare la mano e ripetere per costruire e rielaborare per il futuro: “Non voglio che la tua mano non scenda più velocemente di quanto tu non riesci a scendere all’interno di te stesso… Ora costruisci, metti insieme questi elementi per il futuro. Ti rendi conto che la mano scende guidata da una parte di te, questa parte è la tua mente inconscia. E, quando la tua mano è in basso…, gli occhi si apriranno, non prima che tu abbia appreso… e ti sentirai bene e sarai rilassato.”
3. Risveglio.
Questa tecnica si può fare molto bene anche in autoipnosi.
Ricapitolando le fasi :
1. [Se condotta da un trainer] Alzare la mano del paziente tenendo il dito sul dorso e chiedere di fissare il palmo della mano e di chiudere gli occhi; quando la focalizzazione cambia, (o l’occhio è stanco); dire: “Non vorrei che il tuo braccio non scenda più velocemente di quanto tu possa scendere dentro te stesso” oppure anche: “Mentre ti rendi conto che non è la tua mente conscia a decidere a che velocità scendere, ma che è un’altra parte di te a decidere, puoi scendere sempre più dentro te stesso”. “Quando il braccio è in fondo sei profondamente in trance, all’interno di te stesso” [implicazione]. [Se condotta in AUTOIPNOSI] Sollevare il proprio braccio, guardare il palmo della propria mano e, quando la focalizzazione cambia, (o l’occhio è stanco) dirsi la medesima frase per entrare in trance.
2. Sollevare nuovamente il braccio e ripetere l’operazione nella stessa modalità chiedendo alla mente inconscia di mostrare tutte le immagini positive di quando una determinata azione ha avuto successo (“Mentre ti rendi conto che il tuo braccio scende alla velocità che sceglie, la tua mente inconscia può visualizzare una serie di immagini – oppure la tua mente inconscia può mostrarti una serie di immagini – di te stesso, quando hai portato a termine l’azione xy con successo”)
3. Sollevare nuovamente il braccio e ripetere l’operazione nella stessa modalità chiedendo alla mente inconscia di creare una nuova maniera di essere basata sulle immagini positive (“Mentre ti rendi conto che il tuo braccio scende alla velocità che sceglie la tua mente inconscia puoi creare – oppure la tua mente inconscia può creare – un nuovo modo di essere”).
Conclusioni
Tutto quanto qui esposto è, ovviamente, estremamente sintetico e semplificato al fine solo di mostrare come sia possibile, attraverso la trance ipnotica , potenziare la memoria e la concentrazione, facendo lavorare il cervello e la mente in modo assolutamente diverso dall’uso che facciamo quotidianamente.
Per apprendere in modo completo questo sistema abbiamo creato un intero paradigma di apprendimento che abbiamo chiamato QUANTUM MEMORY . Esso consta di tre differenti corsi dal vivo: il Quantum Memory , il Quantum Memory Extreme e il Quantum Rapid Reading & Fast Learning .
Il corso Quantum Memory, che costituisce la base dell’intero sistema, è disponibile anche in versione Videocorso (sia in supporto digitale che fisico - DVD + libro) con il nome Quantum Memory Virtual Edition. Contattateci per saperne di più su eventilucem@gmail.com.
Dr. Ippolito Lamedica
[1] A questo proposito il necessario riferimento è al Rehomode a David Bohm. Infatti, il fisico David Bohm, al contrario di Niels Bohr, si è dedicato all'Ontologia della Teoria dei Quanti. Bohm notò che le nostre lingue (indoeuropee) tendono ad essere altamente orientate al nome e ben si prestano a discussioni di concetti e categorie. Al contrario, la teoria quantistica richiede un approccio più orientato ai processi , un linguaggio basato sui verbi che forse enfatizza flusso, movimento e trasformazione costante (si veda il concetto ideato da Bohm denominato Olomovimento - il movimento del tutto .) A tal fine, Bohm sviluppò la nozione di una particolare forma linguistica, il Rheomode , adattata alla discussione della teoria dei quanti e, in verità, alla coscienza. Non è chiaro se Bohm abbia mai considerato il Rheomode avere delle conseguenze pratiche - cioè che la gente finisse per parlarne. Tuttavia, sembra che abbia incoraggiato lo staff e gli studenti della Brockwood Park School, in Inghilterra, a sperimentare con la lingua. Verso la fine della sua vita, Bohm ha incontrato gli oratori Blackfoot e Ojibwaj e ha scoperto che la loro famiglia di lingue, così come la loro visione del mondo dei processi, hanno molto in comune con la Rehomode (liberamente tratto da http://www.fdavidpeat.com/ideas/langling.htm , traduzione di Ippolito Lamedica).
[2] Richard Boylan Behavioral Scientist . su www.xmx.it/universoillusione.htm.
[3] Michele Dalla Sega, http://www.mykonsulting.it/principi-fisici/cervello-olonomico.html .
[4] G. I. Gurdjieff, Incontri con Gurdjieff - Trascrizione integrale degli insegnamenti trasmessi a Parigi in Rue des Colonels Renard 1941 – 1943 , Tlon, I edizione, Città di Castello (PG), 2016, pag. 195.
[5] Michele Dalla Sega, op. cit.
[6] Lashey Karl Spencer, In search of the engram.Brain physiology and psychology ( PDF ), Society of experimental Biology - Symposium 4: pagg. 454–482, 1950.
[7] Un engramma viene definito come una traccia mnemonica formata nel sistema nervoso in seguito all’esperienza e all’apprendimento. Quindi un engramma è considerato “un ipotetico elemento neurobiologico che consentirebbe alla memoria di ricordare fatti e sensazioni immagazzinandoli come variazioni biofisiche o biochimiche nel tessuto del cervello e di altre strutture nervose” (Wikipedia). Il funzionamento dell’engramma è stato paragonato all'ologramma per descrivere la sua azione alla luce delle osservazioni che la memoria non sembra essere localizzata nel cervello. Secondo alcune ricerche l’esistenza dell'engramma spiegherebbe il fenomeno della persistenza della memoria e come i ricordi vengono immagazzinati nel cervello. Vi sono due diverse ipotesi sulla natura organica dell’engramma, “che implicano: a ) la formazione di circuiti nervosi specifici (circuiti riverberanti), per cui l’informazione viene codificata come scarica di potenziale d’azione; b ) una attivazione e facilitazione della trasmissione sinaptica, per cui l’informazione viene codificata dapprima a livello dei mediatori chimici, quindi con modificazioni morfologiche dei neuroni (aumento delle superfici di contatto, del numero di dendriti ecc.). La prima ipotesi appare valida per la memoria a breve termine, mentre la seconda si applica alla memoria a lungo termine. Una terza ipotesi, non validata sperimentalmente, implicherebbe una codificazione dell’informazione attraverso una modificazione delle molecole di acidi nucleici, RNA o DNA” (da Enciclopedia Treccani, voce Engramma ).
[8] In realtà, in quest’ultimo periodo sono stati riconosciuti anche altri livelli, che, però possono essere raggiunti solo in condizioni molto particolari, per cui non li ho citati nel testo: si tratta di uno stadio Epsilon (sotto il Delta), uno stadio iperGamma (sopra il Gamma) ed uno Lambda (ancora sopra).
[9] Ippolito Lamedica, Quantum Memory , Ebook Mentalsuperpower, 2016 pagg. 77 – 86, incluso nel Videocorso QUANTUM MEMORY Virtual Edition ..
[10] Ippolito Lamedica, Apprendimento Facile - Ipnosi, autoipnosi e PNL per l’apprendimento , Mentalsuperpower, 2014 pagg. 38 – 49.
[11] Si veda Brewer W.F., What is recollective Memory? 1996 In D. Rubin (Ed.), Remembering our past: Studies in autobiographical memory (pp. 19-66). Cambridge, MA Cambridge University Press - Neimeyer, G.J., & Metzler, A.E. (1994). Personal Identity and autobiographical recall. In U. Neisser & R. Fivush (Eds.), The remembering self: Construction and accuracy in the self-narrative (pp. 105-135). Cambridge, MA Cambridge University Press .
[12] Si veda Barnier, A.J., McConkey, K.M., (1999) Autobiographical remembering and forgetting: What can hypnosis tell us? International journal of clinical and experimental hypnosis. 47 (4); pp.346-365.
[13] Maria Novella Grimaldi, http://www.ipnosistrategicaroma.it/ipnosi-e-memoria .
[14] Può scrivere direttamente a Ippolito.lamedica@gmail.com.
[15] LuceM, oltre a ricordare l’acronimo di LUCEM, fonde insieme Luce (cioè l’azione della luce) e M che sta per Mente.
[16] L' assone (che comprende anche anche i dendriti) è un conduttore di impulsi in direzione centrifuga rispetto al corpo cellulare. Ogni neurone ha unicamente un assone. L'assone, solitamente, presenta diramazioni alle estremità, assumendo l'aspetto della "chioma di un albero". Gli assoni formano le connessioni neuronali.
Cari amici,
è martedì, e siamo arrivati all’ultimo passo (dei sette) della rubrica “L’ABC DELLA LETTURA VELOCE: cosa ti occorre per leggere più velocemente (e ricordare ogni cosa)”.
I precedenti passi sono stati Desiderarlo con tutte le forze ed essere convinti di riuscire ; Presenza e concentrazione ; Rilassamento Focalizzato ; Eliminare gli errori “classici” che rallentano la tua lettura ; Usare la luce per la lettura ; Allenare l’occhio; oggi parliamo di come potenziare le tue capacità attraverso uno specifico “training mentale”.
Fare un “ training mentale ” per potenziare le tue capacità
In questo post conclusivo, riprendiamo un concetto a cui abbiamo fatto riferimento nella seconda puntata: il valore del training mentale.
Infatti, questo è il vero plus del nostro metodo, cioè quel salto che ti fa guadagnare una grande velocità (dalle 3- 10 volte più veloce tipica dei “normali “ corsi di lettura veloce, alle 60 volte più rapida). Qui parliamo di qualcosa che, attraverso pratiche di autoipnosi ci può portare fino all’ Hypnoreading , una metodica per la quale è possibile leggere (e ricordare) un intero libro in circa un’ora, sfruttando, appunto, lo stadio ipnotico (o autoipnotico che è lo stesso) che massimizza la concentrazione e le performance mentali. In assonanza con tutto questo, nella media delle nostre sperimentazioni, abbiamo scoperto che è possibile andare molto oltre i risultati tradizionali, fino a raggiungere velocità di quindici, trenta o anche sessanta volte la velocità iniziale.
Perciò il nostro metodo consente di fare un grande balzo in avanti alle ricerche sull’utilizzo del cervello e sui meccanismi di funzionamento della mente, migliorando la concentrazione (tornate a leggere i primi tre passi), la rapidità di assorbimento delle informazioni ed in generale il benessere psico-fisico della persona (e questo, ovviamente, vale anche per la memoria e lo studio).
Questo sistema integrato permette di raggiungere risultati incredibili in modo semplice e concreto: è un modello che mette in relazione la Mente con il Corpo , in una visione unificante e olistica dell’essere umano. Infatti, non si tratta di “stipare” artificialmente (cioè con stratagemmi e mnemotecniche) il cervello di informazioni, ma di comprendere a fondo come funziona la registrazione e l’elaborazione dei dati, per imparare a sfruttarne a nostro vantaggio e gestirne le potenzialità, con un metodo di apprendimento pratico che ci permette di attingere a tutto il potenziale della mente umana, utilizzandolo in un modo più efficiente, più rapido e anche più divertente!
Il nostro paradigma mette insieme le strategie di apprendimento con quelle di lettura veloce, usando al meglio tutte le capacità che abbiamo, sia di leggere, che di ascoltare, che di memorizzare (compreso anche il metodo di studio). Perciò si parla di conoscere il potenziale della Mente come se si potesse avere un Libretto di Istruzioni del Cervello. Si apprende come sfruttare a nostro vantaggio le nuove scoperte della fisica quantistica applicata al cervello combinandole con antichi esercizi e metodiche per la concentrazione, la memoria e il pieno uso di tutta la mente umana. Con tecniche ipnotiche e di PNL avanzata si impara a rimuovere eventuali blocchi, a raggiungere lo “stato di apprendimento ottimale, a riprogrammare false convinzioni limitanti, ad evitare il sabotaggio dal cervello “inferiore”, a ri-armonizzare gli emisferi cerebrali. Con le tecniche ipnotiche e, specialmente di “ipnosi quantica” (ad es. il Quantum Zeno Effect oppure la luce con il metodo LQE Lucem Quantum Extreme ) si apprende a migliorare la concentrazione e ad usare al massimo il potere creativo per l’apprendimento, ad utilizzare entrambi gli emisferi cerebrali simultaneamente.
Ovviamente tali strategie sono combinate e parte integrante del nostro paradigma di apprendimento QUANTUM MEMORY .
Inoltre, con le tecniche di Hypnoreading si può apprendere a d eseguire la scansione immediata di informazioni essenziali, risparmiando fino al 80% del tempo di lettura. Con le metodiche di apprendimento quantistico si può imparare a prendere appunti più efficienti, usando il cervello destro e molto altro.
Il cervello è un meccanismo straordinario, “in grado di compiti infinitamente più complesse di quanto è stato pensato … Il motivo per cui le nostre prestazioni non corrispondono anche le potenzialità minimi è che ci viene data alcuna informazione su ciò che siamo, o su come possiamo utilizzare al meglio le nostre capacità intrinseche” (Lee Pascoe).
Hypnoreading e QUANTUM MEMORY
Come abbiamo accennato nelle prime lezioni il passaggio alla fase ipnotica usa le frequenze inserire nella fase Alpha per raggiungere lo stato ottimale di apprendimento, la concentrazione senza sforzo, per eliminare i bug, virus, gli errori di programmazione (convinzioni limitanti, blocchi emotivi), riprogrammando la mente con suggerimenti positivi a livello di trance.
L’Hypno-lettura è una lettura supersonica in trance che utilizza defocalizzazione ed una percezione subliminale, a una velocità di una pagina al secondo.
Tutto questo può essere raggiunto con più facilità usando anche il cosiddetto effetto Mozart , per raggiungere un più elevato I.Q. e fornire un efficace nutrimento al cervello. Infatti, la musica, combinata con la Suggestopedia , è fondamentale per l’apprendimento rapido.
Entrare “a livello”
Josè Silva nel suo eccezionale lavoro (il metodo che da lui prende il nome) usava una locuzione per definire lo stadio mentale ottimale (situato fra l’Alfa e il Theta) per l’apprendimento (e non solo per quello): “entrare a livello”.
Il livello è quello stadio, che potremmo definire autoipnotico, in cui la nostra mente si espande, diventa “spugnosa”, cioè in grado di assorbire qualsiasi informazione, in grado addirittura di plasmare la materia. Governare consciamente tale stadio è uno dei requisiti che ci permette di ottenere i fantastici risultati di cui abbiamo parlato.
Nei corsi dal vivo svolgiamo molto lavoro di questo tipo per portare i partecipanti a questo stadio e i risultati che otteniamo confermano la bontà del nostro metodo (l’unico ad essere accettato dal Congresso Mondiale di Ipnosi).
La metodica per arrivare a questo livello di autoconcentrazione è piuttosto semplice e va appresa (come per tutte le cose) con molta pratica e pazienza.
Ora ecco le istruzioni per il tuo primo “viaggio” autoipnotico, se vuoi, puoi fartele leggere da un amico o da un’amica, purché persona di tua fiducia e legga con calma, con voce calda e monotona.
“Siediti comodamente, appoggia i piedi piatti per terra e le mani sulle cosce. Lascia uscire tutta l’aria. Chiudi gli occhi.
Usa la respirazione addominale compiendo da tre a cinque respiri profondi. Mentre espiri, rilassati. Fallo con calma, prenditi tutto il tempo necessario.
Ora rilassa progressivamente tutti i muscoli per calmare il tuo corpo cominciando dal basso, dai piedi, a salire verso la testa. Rilassa una parte per volta [chi legge può richiamare all’attenzione i piedi, i polpacci, le ginocchia … poi le mani, i polsi, gli avambracci … l’addome, il torace, il collo, ecc.]. Rilassa gradualmente tutti i muscoli in modo da sentire il corpo completamente morbido e pesante, abbandonato. Ora lascia che il tuo corpo si rilassi, una parte alla volta, a partire con le dita dei piedi, sentite i piedi che si squagliano sul pavimento; a poco a poco tutte le tensioni scivolano lontano. Attraverso le gambe, poi le dita, le vostre mani, le braccia, fino in alto al torace, al collo e alle spalle …
Fai ancora un respiro profondo e rilascialo lentamente. Voglio che cancelli tutto dalla tua mente. Lascia ogni pensiero allontanarsi. Se i pensieri non se ne vanno, pazienta e, semplicemente, osservali. Guarda da dove vengono e dove vanno. Poi porta l’attenzione alla transizione fra i pensieri, una specie di “terra di nessuno”, dove non ‘è pensiero. Dimentica tutto tranne le parole che stai ascoltando. Tutto ciò che conta sono queste parole. Non è necessario essere concentrati su queste parole. Tutto quello che devi fare è seguirle alla lettera.
Ogni tensione è scivolata via dal corpo, ogni pensiero è andato … Ora sei completamente rilassato (o rilassata). Puoi immaginare di andare a dormire, sentendo il peso sui tuoi occhi e non vorrei che immaginassi di dormire in un posto meraviglioso, in un giardino di fiori davanti ad un cancello. Non devi pensare ad un portone, né tanto meno immaginare un cancello di ferro alto 2 metri, di colore argento, con il tuo nome stampato proprio al centro della porta. Se già hai visualizzato la porta, non immaginare di estendere la mano e di aprire il cancello sul quale è scritto il tuo nome. Perché se apri il cancello con il tuo nome, allora significa che sei pronto (o pronta) ad accettare il suggerimento che io ti do. Soprattutto se mi immagini nel giardino dietro il cancello mentre ti chiamo per nome. [pronunciare il nome]. Io ti accompagno dentro la porta su cui è scritto il tuo nome.
Ora, oltrepassata la porta, immagina di percorrere un lungo corridoio, di cui non è possibile vedere la fine. Mentre cammini lungo il corridoio la tua mente si allontana. Ad ogni passo perdi sempre più il controllo e ti lasci andare piacevolmente, mantenendo la coscienza di ciò che accade.
Quando sentirai la mia parola «Ora!» raggiungerai la fine del corridoio e avrai completato lo stato di trance; anche se non dovesse sembrarti di esserci, ci sarai.
ORA!
Sei in uno stato meraviglioso, ti puoi rendere conto che la tua mente si espande e diviene una spugna in grado di assorbire ogni informazione, è potente! Può fare collegamenti rapidi e dinamici, la tua concentrazione è massima, i tuoi occhi sono scanner in grado di scorrere le righe alla velocità di un laser, nel silenzio e nel vuoto assoluto.
I tuoi neuroni sono rapidi e potenti tutto ciò che leggi, che ascolti, che vedi è trattenuto e completamente assorbito, in modo cosciente. Ora prendi coscienza di quanto la tua mente sia potente e nel prendere questa coscienza ti senti bene, molto bene.
Quando queste istruzioni saranno assorbite completamente dalla tua mente, i tuoi occhi si apriranno, ma non prima! E quando saranno aperti ricorderai tutto sentendoti bene e rilassato (o rilassata).
E ora ti invito a riemergere alla coscienza del qui ed ora, mantenendo lo stato di concentrazione necessario alla lettura ed allo studio, come se la tua mente fosse diventata un fucile di precisione da usare con calma, rapido ed efficace. Al mio tre, potrai aprire gli occhi avendo concluso il tuo lavoro e memorizzato le fasi per poterlo compiere da solo (o da sola).
E ora inizio a contare:
UNO,
DUE,
TRE
Dolcemente, apri gli occhi!”
Questa sessione di autoipnosi non ha alcun effetto collaterale, è rilassante e piacevole e può essere fatta tutte le volte che si desidera (purché in luogo tranquillo e protetto). Per qualsiasi dubbio contattaci alla email lucemformazione@gmail.com ti risponderemo velocemente.
Ora hai tutto ciò che serve per espandere la tua mente!
Buon lavoro!
Cari amici,
è martedì, e, come di consueto, vi presentiamo un altro post con il penultimo passo (il sesto dei sette) della rubrica “L’ABC DELLA LETTURA VELOCE: cosa ti occorre per leggere più velocemente (e ricordare ogni cosa)”.
I precedenti passi sono stati Desiderarlo con tutte le forze ed essere convinti di riuscire e Presenza e concentrazione ; Rilassamento Focalizzato , Eliminare gli errori “classici” che rallentano la tua lettura , Usare la luce per la lettura , oggi parliamo di come allenare l’occhio.
Allenare l’occhio
Finalmente veniamo a come leggere velocemente e, per questo, cominciamo ad allenare l’occhio.
Per prima cosa dobbiamo familiarizzare con alcuni concetti.
Il primo è che gli occhi leggono solo quando sono fermi: non riescono a farlo in movimento (immagina una macchina fotografica che cattura un’immagine nitida solo quando è ferma altrimenti la foto è sfocata). Questo è chiamato PUNTO DI FISSITÀ: cioè la pausa che gli occhi effettuano nel corso della lettura, in cui vengono captate intere porzioni della riga stampata.
Per leggere velocemente è necessario aumentare la velocità di scorrimento dell’occhio e, naturalmente, diminuire il numero dei punti di fissità (cioè delle “fermate”) allargando il campo visivo (detto anche CAMPO DI PERCEZIONE) cioè il numero di simboli grafici che riuscite a percepire in ogni singolo punto dì fissità.
Inoltre, è necessario velocizzare gli occhi affinché, non solo scorrano più rapidamente, ma possano passare da una riga all’altra più velocemente possibile. Questo è chiamato MOVIMENTO DI RITORNO, cioè la veloce operazione che effettuate quando, terminata una riga, passate a quella successiva.
Tutto questo non può prescindere dalla CAPACITÀ DI COMPRENSIONE, cioè dal numero di parole che riuscite ad interpretare in un punto di fissità. Ovviamente se sono italiano e leggo un testo in russo, per quanto possa andare veloce non riuscirò a leggere e a comprendere nulla!
Come vedete gran parte di questo lavoro è di natura muscolare : una sorta di palestra per gli occhi che devono imparare a correre veloci tra le parole e tra le righe, anche da una riga all’altra, devono aumentare anche il loro campo visivo.
E questo è il metodo di lettura veloce classico, che trovate dappertutto. Questo metodo permette di velocizzare la lettura da 3 a 10 volte la velocità iniziale.
Per allenarvi e migliorare con i metodi classici vi consiglio, come inizio, questi due esercizi (nel corso dal vivo ve ne sono molti altri) per allargare il Campo visivo e per accrescere la velocità dell’occhio.
Esercizio 1 : usate una penna o una matita (molto sottile) per sottolineare ogni parola, come una sciabolata. Questo aiuta il vostro sguardo a mantenere la riga e permette una velocità costante; vi consiglio di usare un metronomo per scandire il tempo. Come prima strategia (per due minuti) leggete (con il metronomo a 60) una parola al secondo (cioè ogni battito del metronomo) aumentando la velocità ogni pagina. Poi, si passa (per tre minuti) leggete alla velocità di 1/2 sec. per parola (120 del metronomo) aumentando la velocità di ogni pagina.
Riassumendo: ad ogni pagina aumentate un po’ la velocità, prima partendo da 60 del metronomo, poi da 120.
Esercizio 2 : Sempre tenendo una penna, mantenendo la focalizzazione al centro della riga, leggete la prima e l’ultima parola di ogni riga.
1° fase (1 minuto) – leggete una parola all’inizio riga e una alla fine (1 Sec. per riga…)
2° fase (1 minuto) – leggete, nello stesso modo, due parole all’inizio riga e due alla fine (1 Sec. per riga…)
3° fase (3 minuti) – una parola all’inizio riga e una alla fine (1/2 Sec. per riga…)
Vi è anche un’infinità di altri esercizi che pratichiamo nei corsi dal vivo.
Questi metodi “ muscolari ” (poiché focalizzati soltanto ad allenare i muscoli dell’occhio) vi consentiranno, con il tempo, lo studio e la costanza (ricordate che è una vera e propria palestra) un miglioramento che va dalle tre alle dieci volte la velocità iniziale.
Questi esercizi sono i “classici” metodi di lettura veloce che trovate in rete in molteplici salse. Ma come potete osservare essi costituiscono solo una piccola parte del nostro metodo che è il più completo oggi a disposizione di chi vuole leggere velocemente. Nella prossima puntata ci concentreremo su quelle specifiche che faranno funzionare ancora meglio il vostro cervello e riusciranno ad aumentare ulteriormente le vostre capacità di lettura.
Ovviamente, la comprensione, specialmente all’inizio, calerà, ma è normale: stiamo lavorando sulla velocità, non sulla comprensione. Solo alla fine, rallentando un pochino, la comprensione tornerà anche incrementata. Fidatevi!
Contattateci per saperne di più e
per conoscere le prossime date dei corsi dal vivo.
Cari amici,
è martedì, e, come di consueto, vi presentiamo un altro post con il quinto passo (dei sette) della rubrica “L’ABC DELLA LETTURA VELOCE: cosa ti occorre per leggere più velocemente (e ricordare ogni cosa)”.
I precedenti passi sono stati Desiderarlo con tutte le forze ed essere convinti di riuscire e Presenza e concentrazione ; Rilassamento Focalizzato , Eliminare gli errori “classici” che rallentano la tua lettura , oggi parliamo di come usare la luce per leggere più velocemente.
Usare la luce
La luce ha uno specifico ruolo molto importante (più di quanto si pensi) per leggere velocemente (e ricordare).
Il primo è un effetto diretto: una pagina ben illuminata viene letta molto più velocemente di una poco o male illuminata. Inoltre, poiché la luce ha un importante effetto anche per la memoria, le pagine lette con una illuminazione ottimale sono ricordate molto meglio.
Perciò, come deve essere l’illuminazione per leggere bene? La luce deve serre calda, abbondante e deve provenire dall’alto a n sinistra (da destra se site mancini). La luce del sole è la cosa ottimale, pertanto se è possibile, leggete in favore di sole (la luce del sole deve provenire da sinistra) con il raggio di sole che illumina completamente la pagina. Ma se si studia al chiuso, in un giorno di pioggia o di notte? Usate una lampada da tavolo con una lampadina dotata di un ricco spettro luminoso: ottime le lampade ad incandescenza o quelle alogene, anche quelle a led purché producano luce ricca e calda cioè con tutto lo spettro luminoso (non quelle a luce fredda o biancastra/azzurra). Assolutamente inadatte le luci al neon (e quelle ad altri gas comprese alcune di quelle a basso consumo) poiché il gas produce una vibrazione che viene percepita solo a livello inconscio, stancando l’occhio e provocando disattenzione (causa anche malattie di disturbo di attenzione), irrequietezza ed altri disagi. Inoltre, lo spettro luminoso povero di tali lampade nuoce alla memorizzazione e rallenta la velocità di lettura.
Alcune sperimentazioni che abbiamo condotto in corsi dal vivo di lettura veloce dimostrano che soggetti posti in ambienti poco o male illuminati hanno raggiunto risultati molto inferiori a quelli raggiunti da soggetti in ambienti molto luminosi.
Questo è l’uso più ovvio della luce.
Ma vi è un altro aspetto che va compreso per sfruttare la luce a proprio vantaggio. Per comprendere questo dobbiamo capire quale sia il ruolo della luce nella chimica del cervello.
Da una serie di ricerche scientifiche sappiamo che il cervello lavora attraverso una serie di reazioni fisico-chimiche trasformando impulsi elettrici in molecole e proteine. Infatti, la memoria a lungo termine si differenzia da quella a breve termine proprio per questa natura che le conferisce maggiore stabilità: laddove la memoria a breve termine è costituita da impulsi elettrici, quella a lungo termine è fatta da molecole, molto più stabili e durature. La trasformazione da impulso elettrico a molecola è un processo fisico-chimico in cui la luce ha un ruolo fondamentale: infatti, essa costituisce un catalizzatore affinché tali reazioni possano svolgersi in modo efficace.
Tra gli anni Cinquanta e gli anni Settanta un medico francese Charles Lefebure studiava gli effetti della luce sul cervello umano. Attraverso queste ricerche egli metteva a punto un metodo di evoluzione personale basato sull’osservazione della luce che chiamò fosfenismo . Queste sue ricerche si sono focalizzate sugli effetti della luce sul cervello attraverso l’immagine residua di una sorgente luminosa che rimane impressa nella retina: il fosfene che può essere chiamato anche fotoeco .
La luce è molto importante per l’apprendimento
Le nostre esclusive metodiche sono qualcosa di profondamente diverso e specifico, essendo legate anche alle Antiche Tradizioni. Difatti, noi consideriamo le metodiche LuceM (Luce + Memoria) tecniche quantistiche per l’apprendimento in quanto la luce produce sul cervello un effetto appunto “quantistico”. Infatti, poiché la luce bianca contiene tutti i colori e, quindi tutte le forme e tutte le idee, quando noi mettiamo un’idea o un’immagine nella luce, la sorgente luminosa fa collassare l’onda delle infinite possibilità che possono realizzarsi su quella specifica che abbiamo messo nella luce.
Fondamentalmente, la luce ha un triplice effetto sul cervello:
- il primo è che fissa le memorie. Questa azione è possibile in virtù del fatto che la luce agisce come catalizzatore sia sull’ippocampo che sui geni NR2B e CREB attivatore. Nel gene NR2B la luce attiva la memoria fotografica. Non è questa la sede per comprendere tutti i processi biochimici che si sviluppano, attraverso la luce, nel cervello. Potremmo semplicemente paragonare la luce ad uno spray fissativo, una sorta di collante che fissa ed evidenzia le memorie nella nostra mente.
- Il secondo aspetto è legato ad altre sostanze quali, ad esempio, la mielina che costituisce le connessioni neuronali. La guaina mielinica (detta mielina) avvolge gli assoni [1] e permette la propagazione del segnale elettrico molto più rapidamente (fino a 150 m/s) che non negli assoni senza guaina mielinica. La luce agisce chimicamente sulla mielina (e anche su altre sostanze) rendendo il percorso degli impulsi elettrici più scorrevole. Per usare una metafora potremmo dire che crea un’autostrada per le nostre informazioni.
La luce agisce, come già ricordato precedentemente, anche nel rendere più funzionale il lavoro del gene NR2B nel creare associazioni mentali.
- Il terzo aspetto concerne il fatto che la luce fornisce energia al cervello, cioè è considerata un neuroattivatore. Per questo motivo, ad esempio, è sconsigliato guardare la televisione o lavorare al computer prima di andare a letto. Infatti, la luce attiva le cellule neuronali e le fornisce energia. Perciò, se dobbiamo studiare, facciamolo in un luogo molto ben illuminato (la luce deve provenire sempre dall’alto e da destra – da sinistra per i mancini). Questo spiega anche perché molti popoli del nord siano più pacati e meno vitali di popoli che vivono al sud nel pieno della luce.
Come usare la luce
Il nostro metodo LuceM migliora sia la memoria che la concentrazione e può essere un valido sostegno per lo studio quotidiano, nonché per la lettura. Esso si basa su di un concetto fondamentale: l’uso della luce per facilitare l’apprendimento.
Come si è appena detto, studiare in ambienti luminosi facilita la memorizzazione. Del resto i libri sono stampati su carta bianca che è quella che riflette maggiormente la luce.
Quello che qui facciamo però è utilizzare la luce in maniera nuova, attraverso la traccia luminosa residua che permane sulla retina dopo aver osservato una luce. Con l’esposizione alla luce la mente ed il cervello vengono “attivati” migliorando notevolmente la capacità di ritenzione delle informazioni.
Il concetto base è che Energia Luminosa significa Energia Mentale: in altre parole, noi trasformiamo l’energia luminosa in energia mentale.
Agendo chimicamente sul cervello la luce migliora la facoltà di visualizzazione, cioè la capacità di immaginare ad occhi chiusi ciò che in questo momento non si trova davanti a noi. Con una migliore e più efficace visualizzazione migliora anche la memorizzazione.
Per conoscere meglio le modalità di utilizzo consigliamo la visione della videopuntata gratuita Apprendere con la luce del nostro VIDEOCORSO QUANTUM MEMORY Virtual Edition .
L’impiego nella lettura
Quando leggete usate naturalmente una lampada per illuminare bene la pagina (come nella figura sopra). Ogni capitolo (circa ogni 5 -10 minuti o anche 15). Fermatevi un attimo. Mettete da parte il libro, fissate la luce per circa trenta secondi immaginando, in quel breve lasso di tempo, di rileggere mentalmente tutto ciò che avete appena letto, come se fosse scritto sulla lampadina: usate la vostra lettura superveloce per rileggere tutto mentalmente in circa trenta secondi. Poi mettetevi la benda (come nella figura) e, senza pensare a nulla, osservate la traccia luminosa; notate come cambia colore se si sposta oppure no, siatene semplicemente testimoni , osservatori neutrali. Dopo circa tre minuti (il tempo cambia da soggetto a soggetto e in funzione dell’intensità della lampada) togliete la benda e ricominciate a leggere. Vi accorgerete in breve di ricordare molto di più ciò che avere letto.
Come velocizzare la lettura con la luce
Lo stesso principio si può utilizzare per rendere l’occhio (e la mente) più veloce nello scorrere le righe, le pagine e nel comprendere i segni grafici.
Prima di accingervi a leggere mettetevi davanti ad un lampada (figura sotto) e osservatela per circa trenta secondi. Mentre la guardate immaginate di vedere nella luce della lampadina i vostri occhi che sono velocissimi, che scansionano il testo come dei laser, immaginate di vedere il vostro cervello che assorbe tutto come una spugna: occhi laser e cervello spugna.
Passati i trenta secondi chiudete gli occhi (spengete la lampada) e mettetevi la benda.
Osservate la traccia luminosa come sopra, senza pensare a nulla, semplicemente siatene testimoni.
La luce creerà una nuova traccia nel cervello dando un’istruzione importante: velocizzare al massimo!
Ovviamente, questo non sostituisce l’allenamento fisico (oggetto della prossima puntata), ma aiuta molto e ne accresce l’efficacia incrementando anche la capacità del cervello di comprendere e ritenere ciò che si è letto.
Attenzione! Non usate la luce si soffrite di glaucoma o di altre malattie simili dell’occhio. In questi casi consultate prima un medico. Non osservate mai la luce del sole, poiché questa può danneggiare la retina. Nei nostri corsi dal vivo apprenderete molti altri dettagli a riguardo, e, in alcuni corsi speciali potrete sperimentare (sotto stretta osservazione) anche il sungazing con i suoi benefici effetti.
Contattateci per saperne di più.
[1] L’ assone (che comprende anche anche i dendriti) è un conduttore di impulsi in direzione centrifuga rispetto al corpo cellulare. Ogni neurone ha unicamente un assone. L’assone, solitamente, presenta diramazioni alle estremità, assumendo l’aspetto della “chioma di un albero”. Gli assoni formano le connessioni neuronali.
è martedì, e, come di consueto, vi presentiamo un altro post con il quinto passo (dei sette) della rubrica “L’ABC DELLA LETTURA VELOCE: cosa ti occorre per leggere più velocemente (e ricordare ogni cosa)”.
I precedenti passi sono stati Desiderarlo con tutte le forze ed essere
convinti di riuscire
e Presenza e concentrazione
;
Rilassamento Focalizzato
, oggi
parliamo di come eliminare gli errori classici che ti rallentano.
Finalmente arriviamo alla pratica della lettura veloce.
Però, prima di iniziare, la prima cosa da fare è un test di lettura per stabilire la vostra velocità di partenza, cioè quello che riuscite a leggere (e a capire) ora. Sulla rete si trovano infinite risorse di questo tipo, ma potrete anche farlo in casa (e anche meglio) prendendo un testo qualsiasi di circa 2.000 parole (potete scansionarlo o copiarlo da un ebook e incollarlo in word in modo da misurare il numero esatto di parole) e leggerlo con attenzione mentre vi cronometrate. È molto importante leggere con attenzione, altrimenti correte due gravi rischi:
- il primo è che non comprendete nulla di ciò che leggete, nel tentativo (assurdo) di “fare bella figura” e leggere velocemente. In questa fase occorre leggere per capire, come siete normalmente abituati, sapendo che poi vi verranno fatte domande su quel testo.
- Il secondo rischio è quello di falsare, con una lettura frettolosa e inefficace la vostra velocità reale. Così facendo, renderete anche meno evidenti i vostri successivi miglioramenti. Perciò, attenzione e non abbiate fretta!
Una volta terminata la lettura, segnate il tempo impiegato (in minuti e secondi, poi trasformate tutto in secondi) e calcolate la vostra velocità che è espressa dalle Parole Al Minuto (PAM) secondo questa formula:
P.A.M. (Parole Al Minuto) …………..
P.A.M. = parole del testo X 60
tempo (espresso in secondi)
Infine, fatevi fare da un’altra persona dieci domande sul contenuto del testo in modo da verificare se lo avete compreso e in quale grado.
Se risponderete esattamente a cinque domande su dieci la vostra capacità di comprensione sarà del 50%. Per questo è importante, per questa prima lettura di riferimento, leggere lentamente e con estrema attenzione il testo.
Ora veniamo all’argomento di questa lezione: eliminare gli errori “classici” che ti rallentano; il secondo è imparare a velocizzare i propri occhi.
Ormai conoscete la vostra velocità iniziale (la media è fra le 100 e le 150 PAM) e potrete verificare di quanto migliorerete!
Perciò, per prima cosa, mettiamoci al lavoro per elimininare gli errori, che sono i principali responsabili della nostra lettura lenta (o non veloce).
Uno degli errori più comuni consiste nel leggere subvocalizzando (cioè leggendo a bassa voce o anche solo con la “voce mentale”). Questo limita la velocità di lettura a quella della dizione, bloccandola a non più di 150 – 200 parole al minuto. In realtà il nostro occhio-cervello può leggere ben oltre le 1.000 parole al minuto, con il giusto training.
Prova a renderti conto di come leggi. Senti la vocina mentale leggere dentro di te? O, addirittura, leggi sottovoce? Allora hai il limitatore inserito! Sbloccalo subito!
Ovviamente cambiare abitudine richiede tempo e lavoro, ma siamo qui per questo.
Il secondo errore è il cosiddetto movimento di regressione cioè la rilettura di quei passi non del tutto chiari durante la prima lettura.
Infatti, a volte, proprio perché leggiamo troppo lentamente, ci distraiamo, perdendo, così, il filo del discorso. La nostra mente se ne va da un’altra parte mentre gli occhi scorrono le righe. Questo ti mostra che potresti andare molto più veloce! Quando questo accade cosa fai? Torni indietro a leggere quello che non hai capito o i passi nei quali non eri centrato, eri distratto. Ebbene, non solo questa cattiva abitudine ti rallenta (e moltissimo!), ma è appurato, che non aumenta affatto la nostra comprensione, anzi, la diminuisce. A questo proposito, bisogna ricordare la Legge di Pareto, in base alla quale nel 20% del testo sta l’80% del significato. Tony Buzan, ideatore della Mappe Mentali, sostiene addirittura che nel 10% del testo sta il 90% del significato.
Perciò, già facendo solo così, cioè eliminando questi due gravi errori, puoi subito velocizzare di molto la tua lettura.
Continuate a seguirci! La settimana prossima, parleremo di come usare la luce per leggere più velocemente!